La riflessione di Noam Chomsky sul conflitto ucraino

Il ruolo della Nato

In ogni caso, nel 1991 rimaneva in piedi la domanda di cosa fare della NATO. La conclusione logica avrebbe dovuto essere che doveva essere sciolta: la sua giustificazione ufficiale non esisteva più. Invece, fu allargata e non solo a livello territoriale ma anche nella sua missione. La missione ufficiale della NATO fu modificata perché diventasse di portata globale, non soltanto il confronto con la Russia. Così, la missione della NATO divenne la protezione del sistema energetico globale, un mezzo per assicurare che esso rimanesse sotto il controllo occidentale: non c’è un’altra accezione di «protezione». Questo sistema includeva le vie marittime e i condotti di gas e petrolio, insomma il mondo intero. In questo modo la NATO è diventata sostanzialmente una forza di intervento a guida statunitense. E lo possiamo confermare agevolmente: basta pensare ai Balcani nel 1999, quando la NATO bombardò la Serbia per la questione del Kosovo. Già questo è un indizio forte del fatto

che la NATO è semplicemente una forza di intervento statunitense che non presta la benché minima attenzione al diritto internazionale. Nel caso della reazione occidentale all’invasione irachena del Kuwait quantomeno si potevano addurre delle argomentazioni, io non credo che fossero valide, ma almeno si potevano immaginare, insomma che fosse una reazione difensiva.

Interventi umanitari

Per giustificare tutto questo sono stati architettati diversi stratagemmi, a livello di ideologia e di propaganda. È istruttivo analizzarli. Uno di questi, molto interessante, è la dottrina del cosiddetto «dovere di proteggere»–RtoP (Responsibility to Protect). Essa in verità prevede due versioni. Una è quella riconosciuta dalle Nazioni Unite, durante l’Assemblea generale ONU del 2005: una versione più ristretta del RtoP che è leggermente diversa da quella che esisteva prima. Poi c’è l’altra versione, che fu sviluppata più o meno nel periodo dei bombardamenti sulla Serbia del 1999 dalla commissione internazionale guidata dall’ex ministro degli Esteri australiano Gareth Evans. La versione di Evans è sostanzialmente identica a quella accolta dalle Nazioni Unite pochissimi anni dopo, ma con una differenza cruciale. In un paio di paragrafi si dice in sostanza: «Laddove non vi sia unanime consenso internazionale, né accordo in seno al Consiglio di sicurezza sull’autorizzazione a un intervento, le organizzazioni regionali nella loro area di giurisdizione possono effettuare un intervento militare che deve essere soggetto a una successiva autorizzazione da parte del Consiglio di sicurezza». Possiamo tradurre tutto questo in una realtà geopolitica. Significa in pratica che la NATO può effettuare interventi militari entro quella che essa stessa definisce come propria area di giurisdizione–che può anche essere il mondo intero–senza l’autorizzazione del Consiglio di sicurezza. E se analizziamo i casi di ricorso al RtoP, è sconcertante vedere che cosa è avvenuto. La versione dell’ONU mirava a dimostrare la legittimità di un’azione, mentre la sua effettiva applicazione segue la versione della commissione di Evans. Dunque, in sostanza, ciò significa che gli USA-NATO possono usare la forza militare senza autorizzazione del Consiglio

Ucraina e Stati Uniti

Il presidente George W. Bush–l’amabile nonnetto rimbambito festeggiato dalla stampa per i vent’anni della sua invasione dell’Afghanistan–mollò le redini, ammettendo vari alleati, fra cui i paesi baltici. Nel 2008 invitò l’Ucraina a aderire, stuzzicando l’orso che dorme. Dal punto di vista geostrategico, l’Ucraina è un territorio fondamentale per la Russia, anche lasciando da parte gli stretti rapporti storici e l’ampia fetta di filorussi nel paese. Germania e Francia opposero il loro veto all’incosciente invito di Bush, invito che però non è mai stato tolto dal tavolo. Nessuna dirigenza russa l’avrebbe mai accettato, di certo non Gorbačëv, che al riguardo si era nitidamente espresso. Come nel caso dello schieramento di armi offensive sul confine russo, esiste una soluzione semplice. L’Ucraina può avere lo stesso ruolo che l’Austria e alcuni paesi nordici ebbero durante la Guerra fredda: neutrali, ma strettamente legati all’Occidente e abbastanza protetti: partecipi dell’Unione europea nel grado in cui hanno stabilito di esserlo. Gli Stati Uniti rifiutano questa prospettiva, proclamando un’appassionata devozione alla sovranità delle nazioni, che non può essere violata: il diritto dell’Ucraina ad aderire alla NATO va salvaguardato. Una posizione virtuosa, che può forse essere encomiata negli Stati Uniti, ma di certo sollecita sghignazzi ovunque nel mondo, Cremlino compreso. Il mondo ci conosce bene come modello di devozione alla sovranità, soprattutto nei tre casi che più degli altri hanno fatto infuriare la Russia: Iraq, Libia e Kosovo-Serbia. Il rifiuto, da parte statunitense, di una neutralità simil-austriaca per l’Ucraina ha qualcosa di surreale. I politici americani sanno a perfezione che l’ammissione alla NATO dell’Ucraina è fuori discussione, per quanto ci è dato prevedere. E possiamo tranquillamente accantonare le ridicole esibizioni di rispetto per la sacrosanta sovranità. Dunque, in nome di un principio nel quale non credono neppure per un istante, e per perseguire un obiettivo che sanno essere portata, gli Stati Uniti corrono il rischio di disastrose sciagure. A tutta prima, si tratta di una mossa incomprensibile, che però rivela plausibili calcoli imperialistici.

Europa e Nato

Una risposta può esser suggerita dal celebre slogan sugli scopi della NATO: tenere la Russia fuori, la Germania buona e gli USA dentro. La Russia è alla larga. La Germania è buona. Rimane da chiedersi se gli USA rimarranno in Europa: o meglio, se rimarranno al potere in Europa. Non tutti hanno accettato senza opporsi questo assunto della politica mondiale; fra questi: Charles de Gaulle, che propose la sua idea di Europa dall’Atlantico agli Urali; l’ex cancelliere tedesco Willy Brandt, con la sua Ostpolitik; e il presidente francese Emmanuel Macron, con le sue attuali iniziative diplomatiche che tanto dispiacciono a Washington. Se la crisi Ucraina trovasse una soluzione pacifica, sarebbe un affare tutto europeo, rompendo con la concezione «atlantista» postbellica che vede gli Stati Uniti saldamente al posto di guida. Si creerebbe anche un precedente per un’ulteriore indipendenza europea, se non addirittura per un avvicinamento alla visione di Gorbačëv. Inoltre, con la «Nuova via della seta» cinese che incombe da est, nell’ordine globale si aprono nuovi e più ampi scenari.

Aspetti della politica estera americana

Tutto vero, anche se a volte è difficile da credere. Uno degli esempi più importanti e rivelatori ce lo fornisce la cornice retorica del maggiore documento di pianificazione interna risalente ai primi anni della Guerra fredda, il Memorandum 68 del 1950, poco dopo la «perdita della Cina» che mandò nel panico gli Stati Uniti. 2 Quel documento costituì la premessa per un’enorme “espansione del bilancio militare. Vale la pena di ricordarlo oggi che vediamo riverberare gli effetti di quella follia, e non per la prima volta. È così da sempre. Le raccomandazioni politiche del Memorandum 68 sono state ampiamente studiate dalla ricerca accademica, mentre si è dato scarso rilievo all’isterismo del suo stile retorico. L’impianto è quello di una fiaba: il male assoluto da una parte e la purezza e il nobile idealismo dall’altra. Da una parte c’è lo «Stato schiavista» (l’Unione Sovietica), con il suo «progetto fondamentale» e la sua innata «coazione» a conquistare l’« autorità assoluta sul resto del mondo», distruggendo tutti i governi e la «struttura della società» dovunque. Al suo male assoluto si contrappone la nostra assoluta perfezione. «Scopo fondamentale» degli Stati Uniti è assicurare ovunque «la dignità e il valore dell’individuo». I leader americani sono animati da una «tendenza generosa e costruttiva e dall’assenza di cupidigia nelle relazioni internazionali»: atteggiamento particolarmente evidente nel luogo storico dell’influenza statunitense, ovverossia l’emisfero occidentale, da tempo beneficiario della tenera sollecitudine di Washington, come possono testimoniare i suoi abitanti. Chiunque avesse familiarità con la storia e con i reali equilibri mondiali del potere dell’epoca avrebbe reagito a questa messinscena con totale sconcerto. Nemmeno gli autori del documento, presso il Dipartimento di Stato, credevano a ciò che scrivevano. Alcuni di loro, successivamente, lasciarono qualche indizio di ciò che intendevano fare. Il segretario di Stato Dean Acheson spiegò nelle sue memorie che, per poter imporre l’enorme espansione militare già pianificata, bisognava «ficcarlo in testa al governo» badando di essere «più cristallini della verità. “I precedenti retorici sono tanti, e in questo momento il tasto su cui si batte è l’indolenza e l’ingenuità degli americani verso le vere intenzioni di quel «cane sciolto» di Putin, ossia distruggere la democrazia ovunque essa sia e sottomettere il mondo alla sua volontà, questa volta con l’appoggio dell’altro «Grande Satana», Xi Jinping. Tutti hanno intravisto nel vertice tra Putin e Xi Jinping del 4 febbraio, in occasione dell’apertura dei Giochi olimpici, un evento di enorme rilevanza per gli affari internazionali. Un articolo in primo piano sul «New York Times» raccontava l’evento titolando «Un nuovo Asse», con un’allusione non troppo velata. Nel pezzo si riportavano le vere intenzioni di questa reincarnazione delle potenze dell’Asse: «Il messaggio che Cina e Russia hanno lanciato agli altri paesi è chiaro», scrive David Leonhardt. «Non faranno pressioni su altri governi affinché rispettino i diritti umani o indicano le elezioni». Con sgomento di Washington, l’Asse sta inoltre attirando a sé due paesi che rientrano nel «campo americano», l’Egitto e l’Arabia Saudita, esempi straordinari di come gli Stati Uniti rispettino i diritti umani e le elezioni all’interno del loro «campo», ossia garantendo un massiccio flusso di armi a queste brutali dittature o partecipando direttamente ai loro crimini. Il Nuovo Asse sostiene inoltre che «un paese potente dovrebbe poter imporre la sua volontà all’interno della sua conclamata sfera di influenza. Quel paese dovrebbe anche essere in grado di rovesciare un governo vicino più debole senza che il mondo interferisca. “Come nel caso del Memorandum 68, c’è del metodo nella follia. La Cina e la Russia rappresentano davvero una minaccia concreta. E l’egemone globale non la prende alla leggera. Ci sono temi ricorrenti nel modo in cui i commentatori e la politica statunitense reagiscono a quella minaccia. E meritano qualche riflessione. L’Atlantic Council definisce la formazione del Nuovo Asse uno «spostamento tellurico nelle relazioni internazionali» che sottende un progetto «da capogiro»: «Le parti hanno convenuto di creare legami più forti tra le loro economie mediante la cooperazione tra la Nuova via della seta cinese e l’Unione economica eurasiatica di Putin. Lavoreranno insieme allo sviluppo dell’Artico. Potenzieranno il coordinamento tra le istituzioni multilaterali e nella lotta ai cambiamenti climatici». 5 Non dobbiamo sottovalutare la grande rilevanza della crisi ucraina, aggiunge Damon Wilson, presidente del National Endowment for Democracy: «La posta in gioco di questa crisi non coinvolge soltanto l’Ucraina, ma il futuro della libertà», nientedimeno che. 6 Vanno prese delle misure forti al più presto, afferma il capogruppo della minoranza al Senato Mitch McConnell: «Il presidente Biden dovrebbe usare ogni strumento a sua disposizione e imporre dure sanzioni prima di un’invasione e non dopo». Non c’è tempo di baloccarsi con appelli macroniani all’orso furioso affinché moderi la sua violenza. “Per Washington la questione è più profonda: un accordo regionale porrebbe una seria minaccia allo status globale degli Stati Uniti. Questa preoccupazione cova sin dagli anni della Guerra fredda: è possibile che l’Europa acquisisca un ruolo indipendente negli affari internazionali (e sarebbe possibile) magari seguendo la visione gollista, ossia di un’Europa dall’Atlantico agli Urali, ripresa poi nel 1989 da Gorbačëv con la sua idea di una «casa comune europea», di un «vasto spazio economico dall’Atlantico agli Urali»? Ancora più impensabile sarebbe la visione ulteriormente allargata di Gorbačëv di un sistema di sicurezza eurasiatico da Lisbona a Vladivostok senza blocchi militari: una proposta che fu rifiutata senza possibilità di appello durante i negoziati condotti trent’anni fa per ricercare un accomodamento post-Guerra fredda.

Cina

Più o meno lo stesso vale per gli attriti con la Cina. Come abbiamo discusso in precedenza, 12 ci sono seri problemi riguardanti la violazione del diritto internazionale da parte della Cina nei mari vicini, anche se gli Stati Uniti, essendo l’unico paese marittimo a rifiutarsi persino di ratificare la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, non sarebbero nella posizione di muovere obiezioni. E di certo gli Stati Uniti non mitigano questi problemi nel momento in cui inviano una flotta navale in quelle acque o forniscono all’Australia una flotta di sottomarini nucleari per rafforzare la loro già schiacciante superiorità militare al largo delle coste della Cina. Tali questioni possono e devono essere affrontate dalle potenze regionali. Come nel caso dell’Ucraina, il problema per gli Stati Uniti è che non sono loro a dettare legge. E sempre come nel caso dell’Ucraina, gli Stati Uniti professano i loro alti principi nel fronteggiare la minaccia rappresentata dai cinesi: il loro ribrezzo per le violazioni dei diritti umani da parte della Cina, che pure sono senza dubbio gravi. Anche in questo caso non è troppo difficile valutare la sincerità di questa posizione. Un indicatore molto utile al riguardo sono gli aiuti militari inviati dagli Stati Uniti. In cima alla classifica troviamo due paesi che formano una categoria a parte: Israele ed Egitto. Quanto alle performance israeliane in materia di diritti umani possiamo fare riferimento ai dettagliati rapporti di Amnesty International e Human Rights Watch.

Note sulla guerra in Siria

L’attenzione dei giornalisti non può che concentrarsi sulla attualità , sulle notizie calde.Ma chi invece si occupa di storia cerca di compiere analisi di carattere politico e di carattere strategico non può né deve dimenticare la complessità della storia. A cosa stiamo alludendo? Per coloro che si fossero dimenticati una delle tante guerre presenti nel mondo è quella siriana di cui si occupa l’analista Mostafa El Ayoubi

sulla rivista Nigrizia. Come si può agevolmente compendiare la sua riflessione che credo non possa non essere condivisa e quindi non possa essere ampiamente sottoscritta?

In primo luogo lo studioso sottolinea come questo conflitto armato fu pianificato dagli Stati Uniti e dai suoi principali alleati della Nato cioè l’Inghilterra, la Francia e la Turchia.Quanto al finanziamento di questa guerra che ormai dura da 10 anni questa è stata possibile grazie alle petromonarchie arabe del Golfo.

In secondo luogo qual è lo scopo che gli Stati Uniti ci sono proposti con questa guerra? Destabilizzare la Siria allo scopo di consentire a Israele di essere l’unica potenza egemone nel Medioriente e nel contempo dim contrastare il miglior alleato della Siria e cioè l’Iran. È possibile allora-si domanda lo studioso-definire questa una guerra per procura? La risposta non può che essere affermativa . Ma perché si parla di guerra per procura? Perché questa guerra è stata affidata a estremisti islamisti. Fino a questo momento-dopo 10 anni di guerra-quanti morti ha causato questa guerra? Secondo le stime più attendibili ci sono stati 400.000 morti tra civili e militari e ben 11 milioni di persone tra sfollati e profughi.

In terzo luogo rivolgendo la nostra attenzione al ruolo degli Stati Uniti lo studioso sottolinea come il primo presidente ad imporre sanzioni fu Obama, mentre il secondo è stato il presidente Donald Trump che ha cercato con il Caesar Syria civilian protection act di impedire a qualunque nazione di stringere rapporti economici con la Siria.Quanto al nuovo presidente Biden questo ha inaugurato la sua presidenza con un attacco missilistico-sottolinea lo studioso di Nigrizia-contro la Siria, operazione questa che è avvenuta il 5 febbraio ai confini con l’Iraq.

Le industrie petrolifere e la politica delle porte girevoli nel report del Ceo

Per decenni, le aziende di combustibili fossili hanno esercitato pressioni contro un’azione per il clima efficace a livello nazionale, dell’UE e internazionale, bloccando le politiche per ridurre le emissioni e lasciare i combustibili fossili nel terreno. Il loro bagaglio di trucchi per lobbismo include accesso privilegiato, enormi spese nella lobby e porte girevoli. Il risultato è la cattura da parte dell’industria dei combustibili fossili del processo decisionale dell’UE e la normalizzazione degli interessi e delle priorità dei combustibili fossili in tutte le istituzioni politiche.

https://corporateeurope.org/en/stop-revolving-door

Una nuova ricerca dei membri di Fossil Free Politics Corporate Europe Observatory, Friends of the Earth Europe e Food & Water Action Europe esplora 71 casi di porte girevoli che coinvolgono il settore pubblico (governi e agenzie nazionali, UE e istituzioni internazionali) e solo sei grandi aziende energetiche e cinque dei loro gruppi di pressione tra il 2015 e il 2021 (i dati e la metodologia completi sono qui). Di seguito si evidenziano alcuni dei molti casi di dipendenti pubblici e rappresentanti eletti che sono passati attraverso la porta girevole per lavori aziendali con società di combustibili fossili o loro rappresentanti, e funzionari che sono passati alla sfera pubblica da ruoli in queste società.

Tra il 2015 e il 2021, sei giganti dei combustibili fossili (Shell, BP, Total, Equinor, ENI e Galp) e cinque dei loro gruppi di pressione (Hydrogen Europe, Eurogas, FuelsEurope, IOGP e CEFIC) sono stati coinvolti in quanto segue:

71 casse per porte girevoli.

568 incontri con alti funzionari della Commissione Europea (una media di 1,5 incontri ogni settimana nell’arco di sette anni)

Lobbying in Europa per oltre 170 milioni di euro

All’inizio della COP26 a Glasgow, non abbiamo assistito a un’azione reale nonostante gli impegni dell’accordo di Parigi. Per raggiungere l’obiettivo di Parigi di mantenere il riscaldamento al di sotto di 1,5°C, quasi il 60% delle riserve di petrolio e gas e il 90% del carbone devono rimanere nel suolo. Eppure le grandi major del petrolio e del gas hanno semplicemente promesso piani per il clima “zero netto”, un comodo mantello per soluzioni di business as usual e false. Le loro proposte coinvolgono una varietà di tecnologie rischiose e schemi profondamente imperfetti: mercati del carbonio, cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) e idrogeno per esempio. Al centro di questi impegni ci sono le proiezioni che aumenterebbero effettivamente la loro produzione di gas. Questa cortina fumogena consente emissioni continue e avrà significativi impatti sociali e ambientali negativi se implementata su larga scala. È anche una distrazione dalla rapida attuazione di un calo del consumo di combustibili fossili di cui abbiamo urgente bisogno e dalla loro sostituzione con alternative reali. Tuttavia, la maggior parte delle istituzioni politiche abbraccia le false soluzioni progettate dall’industria dei combustibili fossili.

Le regole delle porte girevoli sono inadeguate e le autorità di regolamentazione chiudono un occhio sui possibili conflitti di interesse per cui Big Energy trae vantaggio dal know-how e dai libri di contatto degli addetti ai lavori. Questo non è semplicemente un caso di illeciti individuali, ma un problema sistemico tra le istituzioni.

Questi casi di porte girevoli dimostrano quanto siano diventati normalizzati il modello, le ipotesi, il potere e la cultura dell’industria dei combustibili fossili.

La questione dell’influenza delle compagnie petrolifere e del gas nella vita politica non potrebbe essere più significativa. Che si stiano opponendo o ritardando l’azione ambientale, spingendo per difendere gli investimenti energetici sporchi a scapito dei diritti umani, assicurando accordi diplomatici con paesi terzi, alimentando conflitti o svolgendo ruoli importanti nei ministeri dell’economia e dell’energia, abbiamo bisogno di un firewall funzionante tra i funzionari pubblici e quelle aziende maggiormente responsabili dell’alimentazione e della perpetuazione del cambiamento climatico.

Custodie per porte girevoli

totale RD

Totale

Dal 2015, anno della COP21, TotalEnergies è collegata a:

15 casse per porte girevoli

31 incontri con l’élite della Commissione Europea

Costi di lobbying dell’UE vicini ai 13 milioni di euro

TOTALE Porta Girevole Caso 1: Ahlem Gharbi

Ruolo pubblico o politico:

2019-2021: Direttore presso l’Agenzia francese per lo sviluppo

2017-2019: Gabinetto del Presidente francese, Consigliere per il Nord Africa e il Medio Oriente

Ruolo dell’industria dei combustibili fossili:

2015-2017: Vice Presidente degli Affari Internazionali di Total

Ahlem Gharbi è stata vicepresidente per gli affari internazionali di Total dal 2015 al 2017, periodo durante il quale ha partecipato regolarmente a eventi sulla politica estera francese nel mondo arabo. Nel maggio 2017 è diventata Consigliere del Presidente francese per il Nord Africa e il Medio Oriente. Tra aprile 2019 e settembre 2021 è stata Direttore dell’Agenzia francese per lo sviluppo, ed è stata recentemente nominata Direttore Generale dell’Istituto francese in Algeria.

TOTALE Porta Girevole Caso 2: Majdi Abed

Ruolo pubblico o politico:

2000-2019: diversi incarichi presso il Ministero dell’Europa e degli Affari Esteri francese, tra cui Console Generale a Dubai

Ruolo dell’industria dei combustibili fossili:

2019-presente: Vice President of International Public Affairs presso Total

Majdi Abed ha trascorso più di 19 anni presso il Ministero dell’Europa e degli Affari Esteri francese (2000-2019), ricoprendo importanti incarichi come Console Generale, Vice Direttore e Consigliere Politico. Questo gli ha dato accesso a informazioni diplomatiche chiave. Ha lasciato la carica pubblica nell’agosto 2019 e solo un mese dopo è stato assunto da Total come vicepresidente per gli affari pubblici internazionali dell’azienda.

TOTALE Porta Girevole Caso 3: Maria van der Hoeven

Ruolo pubblico o politico:

2016-2019: Membro del Gruppo di Esperti della Commissione Europea High-Level Panel of the European Decarbonisation Pathways Initiative 2011-2015: Direttore Esecutivo dell’Agenzia Internazionale dell’Energia 2002-2010: Ministro olandese dell’Istruzione, della Cultura e della Scienza e degli Affari Economici

Ruolo dell’industria dei combustibili fossili:

2016-presente: Membro Indipendente del Consiglio di Amministrazione di Total

Maria van der Hoeven ha servito come ministro in diversi dipartimenti dei Paesi Bassi (2002-2010) prima di essere nominata Direttore Esecutivo dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (2011-2015). Nel 2016 è stata nominata Membro Indipendente del Consiglio di Amministrazione di Total. Nello stesso periodo (2016-2019) è entrata a far parte di un gruppo di esperti della Commissione Europea sulla decarbonizzazione.

In un recente webinar organizzato dalla compagnia petrolifera e del gas Petronas, van der Hoeven ha affermato: “Non c’è dubbio che il mondo si stia dirigendo verso lo zero netto 2050 e i fossili ne faranno parte”.

TOTALE Porta Girevole Caso 4: Aurelien Hamelle

Ruolo pubblico o politico:

2020-presente: Membro della Commissione Sanzioni presso l’Agenzia francese dei mercati finanziari

Ruolo dell’industria dei combustibili fossili:

2016-presente: Total Group General Counsel

Pur essendo Group General Counsel di Total, Aurelien Hamelle fa anche parte della Commissione per le sanzioni dell’Agenzia francese dei mercati finanziari (AMF) da settembre 2021. La Commissione per le sanzioni è incaricata di imporre sanzioni a qualsiasi persona o società le cui pratiche contravvengono alle leggi e regolamenti che rientrano nella giurisdizione dell’AMF.

Dal 2015, anno della COP21, Shell è collegata a:

10 custodie per porte girevoli

85 incontri con l’élite della Commissione Europea

Costi di lobbying dell’UE vicini ai 28 milioni di euro

SHELL Porta Girevole Caso 1: Gerrit Zalm

Ruolo pubblico o politico:

2017: Presidente dei negoziati per la formazione di un nuovo governo olandese

1994-2007: Ministro delle Finanze olandese e Vice Primo Ministro

Ruolo dell’industria dei combustibili fossili:

2013-presente: Amministratore non esecutivo indipendente in Shell

Gerrit Zalm è stato ministro olandese per 13 anni, dal 1994 al 2007. Nel 2013 è stato nominato amministratore non esecutivo indipendente presso la Shell. Nel 2017, Zalm ha presieduto i negoziati per formare un nuovo governo olandese mentre era ancora pagato da Shell (€ 117.000 quell’anno). Sotto la supervisione di Zalm, secondo un’indagine, una politica che Shell aveva richiesto per anni (l’eliminazione dell’imposta sui dividendi) è stata inclusa nell’accordo di coalizione del governo olandese nel 2017.

Insieme, l’UE e i governi europei distribuiscono circa 112 miliardi di euro più ogni anno per sostenere i combustibili fossili.

SHELL Porta Girevole Caso 2: Floris van Hövell

Ruolo pubblico o politico:

2003-2012: Diplomatico per l’Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi in Argentina e USA

Ruolo dell’industria dei combustibili fossili:

2012-2014: distaccato dal governo olandese presso Shell come consulente per le relazioni con il governo

2014-2017: Senior Project Advisor of Government Relations presso Shell

2017-presente: Senior EU Affairs Manager presso Shell

Dopo una lunga carriera diplomatica, Floris van Hövell è stato distaccato dal Ministero degli Affari Esteri presso Shell come consulente per le relazioni con il governo nel 2012. In seguito a questo distacco, è stato assunto come consulente senior per i progetti di relazioni con il governo ed è ora Senior EU Affairs Manager a Shell. In questo ruolo è a capo dell’advocacy per il business dell’idrogeno di Shell, per il suo più ampio portafoglio energetico internazionale e per l’appartenenza della società a Hydrogen Europe, Eurogas, IOGP e altri.

SHELL Porta Girevole Caso 3: Tabe van Hoolwerff

Ruolo pubblico o politico:

Gennaio 2021-presente: Senior Policy Advisor per l’Industria Sostenibile presso il Ministero dell’Economia e del Clima olandese

2011-2013: Senior Legal Advisor in diversi ministeri olandesi

Ruolo dell’industria dei combustibili fossili:

2014-2020: Varie posizioni presso Shell, l’ultima delle quali è Global Legal Operations Counsel

Tabe van Hoolwerff è passato dalla carica pubblica alla Shell e poi di nuovo alla carica pubblica. Ha ricoperto due posizioni di consulente legale senior in diversi ministeri prima che Shell lo assumesse per varie posizioni di consulenza legale a partire dal 2014. Dopo sette anni alla Shell, van Hoolwerff è tornato a una carica pubblica come consulente politico senior per l’industria sostenibile presso il Ministero dell’economia olandese e Clima.

SHELL Porta Girevole Caso 4: Iain Lobban

Ruolo pubblico o politico:

2008-2014: Capo della più grande agenzia di intelligence del Regno Unito, GCHQ (Government Communications Headquarters)

Ruolo dell’industria dei combustibili fossili:

2015: Consigliere di Shell

Dopo essersi ritirato dalla principale agenzia di sorveglianza del Regno Unito nel 2014, Iain Lobban è stato assunto da Shell come consulente per le questioni di sicurezza informatica.

SHELL Porta Girevole Custodia 5 : Joanna Kuenssberg

Ruolo pubblico o politico:

2014-2018: Alto Commissario britannico in Mozambico

Ruolo dell’industria dei combustibili fossili:

2018-2021: Vicepresidente Shell per le relazioni governative con la Russia e la CSI

2021-presente: vicepresidente delle relazioni aziendali di Shell con MENA e CIS

Dopo aver ricoperto un’importante posizione diplomatica come Alto Commissario britannico in Mozambico per quattro anni (guidando, tra gli altri compiti, il sostegno del Regno Unito al settore privato), Joanna Kuenssberg è stata assunta dalla Shell nel 2018 come vicepresidente per le relazioni governative con la Russia e la CSI, e dal 2021 con le regioni MENA e CSI.

BP

Dal 2015, anno della COP21, BP è collegata a:

5 casse per porte girevoli

47 incontri con l’élite della Commissione Europea

Costi di lobbying dell’UE vicini ai 18 milioni di euro

Porta girevole BP Caso 1: John Sawers

Ruolo pubblico o politico:

2009-2014: Capo dei servizi segreti britannici dell’MI6

Ruolo dell’industria dei combustibili fossili:

2015-presente: Consigliere non esecutivo indipendente di BP Global

John Sawers è l’ex capo dei servizi segreti britannici o MI6 (2009-2014) ed è stato ambasciatore del Regno Unito presso le Nazioni Unite per due anni dopo aver servito come direttore politico del Ministero degli esteri britannico. BP ha reclutato l’ex diplomatico ed esperto militare come direttore non esecutivo indipendente nel 2015. Sawers ha guadagnato £ 699.000 (€ 821.031) con BP dal 2015.

Porta girevole BP Caso 2: Nick Houghton

Ruolo pubblico o politico:

2013-2016: Capo di Stato Maggiore della Difesa delle Forze armate britanniche

Ruolo dell’industria dei combustibili fossili:

2017-presente: Consigliere di BP

Nel 2016, Nick Houghton ha lasciato il suo ruolo di Capo di Stato Maggiore della Difesa, la posizione militare più anziana della Gran Bretagna. Dal 2017 ha fornito consulenza strategica indipendente a BP a livello di consiglio sulle operazioni della società in Turchia, Medio Oriente e Nord Africa, compresa la consulenza sui rischi geopolitici correlati come la preparazione alle crisi e la gestione della risposta. Nel 2020, Houghton è diventato anche consulente della società di intelligenza artificiale White Space, che si concentra sull’industria petrolifera e del gas e lavora a stretto contatto con Shell.

Porta girevole BP Caso 3: Helge Lund

Ruolo pubblico o politico:

2011-2014: Membro del Gruppo consultivo del Segretario generale delle Nazioni Unite sull’energia sostenibile

Ruolo dell’industria dei combustibili fossili:

2019-presente: Presidente del Consiglio di BP (entrato nel consiglio di BP nel 2018)

2004-2014: CEO di Statoil (ora Equinor)

Helge Lund è stato membro del gruppo consultivo del Segretario generale delle Nazioni Unite sull’energia sostenibile per tre anni, fino al 2014, periodo durante il quale è stato anche CEO di Statoil, la compagnia petrolifera e del gas norvegese ora nota come Equinor. BP lo ha nominato Presidente del Consiglio nel 2019.

Eni

Dal 2015, anno della COP21, Eni è collegata a:

10 custodie per porte girevoli

48 incontri con l’élite della Commissione Europea

Costi di lobbying dell’UE vicini ai 7 milioni di euro

Porta Girevole ENI Caso 1: Luca Giansanti

Ruolo pubblico o politico:

2014-2018: Direttore Politico (Direttore Generale per gli Affari Politici e la Sicurezza), Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale d’Italia

2013-2014: Ambasciatore, Ambasciata d’Italia a Teheran

Ruolo dell’industria dei combustibili fossili:

2019-presente: Senior Vice President, Head of European Government Affairs in Eni

Dopo aver ricoperto importanti incarichi diplomatici – come Ambasciatore in Iran e Direttore Politico presso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Luca Giansanti è stato nominato Senior Vice President di Eni, Head of European Government Affairs nel 2019. Ha partecipato a diversi eventi organizzati da I media e i gruppi commerciali dell’UE affiliati all’industria dei combustibili fossili insieme ai responsabili politici dell’UE in materia di clima ed energia.

Porta Girevole ENI Caso 2: Pasquale Salzano

Ruolo pubblico o politico:

2017-2019: Ambasciatore d’Italia in Qatar

1999-2013: Funzionario diplomatico, tra cui Capo dell’Ufficio Sherpa G8-G20 presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri

Ruolo dell’industria dei combustibili fossili:

2011-2014: distaccato dal Ministero degli Affari Esteri in Eni come Responsabile delle Relazioni Istituzionali Internazionali e Responsabile dell’Ufficio Eni negli Stati Uniti

2014-2017: Senior Vice President, poi Executive Vice President e Direttore Affari Istituzionali in Eni

Pasquale Salzano è stato distaccato nel 2011 dal Ministero degli Affari Esteri in Eni ed è diventato Responsabile delle Relazioni Istituzionali Internazionali e Responsabile dell’ufficio Eni negli Stati Uniti. È stato nominato dapprima Senior Vice President di Eni, poi Executive Vice President e Director of Institutional Affairs. È diventato ambasciatore d’Italia in Qatar nel 2017. In particolare, lo stato italiano in realtà asseconda i funzionari di Eni e viceversa.

Porta Girevole ENI Caso 3: Lapo Pistelli

Ruolo pubblico o politico:

2013-2015: Vice Ministro degli Affari Esteri

2004-2015: Deputato al Parlamento Europeo e poi al Parlamento Italiano

Ruolo dell’industria dei combustibili fossili:

2015-oggi: Vari incarichi in Eni; da luglio 2020 Direttore Affari Pubblici

Dopo essere stato eletto Deputato europeo e poi eurodeputato italiano, Lapo Pistelli è stato nominato Vice Ministro degli Affari Esteri del Governo italiano nel 2013. Nel 2015, lo stesso anno in cui lascia la carica pubblica di alto livello, si trasferisce direttamente in Eni dove è ora Direttore degli Affari Pubblici.

Porta Girevole ENI Caso 4: Alfredo Tombolini

Ruolo pubblico o politico

2017-2019: distaccato da Eni presso il Ministero degli Affari Esteri italiano presso la Direzione Generale Globalizzazione e Questioni Globali (DGMO)

Ruolo dell’industria dei combustibili fossili

2016-2019: Relazioni Internazionali in Eni

In Eni sulle relazioni internazionali, Alfredo Tombolini è stato distaccato presso il Ministero degli Affari Esteri italiano presso la Direzione Generale Globalizzazione e Questioni Globali per promuovere gli investimenti italiani all’estero nel settore energetico, ovvero dirigere i finanziamenti pubblici del Paese.

Porta Girevole ENI Caso 5: Natalie Tocci

Ruolo pubblico o politico

2015-2019: nominato Consigliere Speciale di Federica Mogherini, Alto Rappresentante UE per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza

2020: Nominato Consigliere Speciale di Josep Borrell, Alto Rappresentante dell’UE per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza

Ruolo dell’industria dei combustibili fossili

2020: Nominato dal governo italiano in tre comitati del Consiglio di Amministrazione di Eni.

Nathalie Tocci è stata dal 2015 al 2019 Consigliere Speciale dell’Alto Rappresentante dell’UE per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza/Vice Presidente della Commissione Europea. Nel 2020 è diventata membro del Consiglio di Amministrazione di Eni, nonché Consigliere Speciale di Josep Borrell, il Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza/Vicepresidente della Commissione europea.

RD equinore

Equinore

Dal 2015, anno della COP21, Equinor è collegata a:

6 casse girevoli

49 incontri con l’élite della Commissione Europea

Costi di lobbying dell’UE vicini ai 12 milioni di euro

EQUINOR Porta Girevole Caso 1: Amber Rudd

Ruolo pubblico o politico:

2018-2019: Segretario di Stato per il Lavoro e le Pensioni. È stata anche ministro per le donne e le pari opportunità.

2016-2018: ministro dell’Interno del Regno Unito

2015-2016: Segretario di Stato per l’Energia e il Cambiamento Climatico, guidando il team del Regno Unito nell’Accordo di Parigi sui Cambiamenti Climatici

Ruolo dell’industria dei combustibili fossili:

2020-presente: Presidente dell’International Advisory Group di Equinor UK

Dopo aver servito come Segretario di Stato per l’Energia e il Cambiamento Climatico, Ministro per le Uguaglianze, Segretario di Stato per il Lavoro e le Pensioni e Segretario all’Interno mentre era membro del Parlamento per Hastings e Rye, Amber Rudd è stata nominata presidente del gruppo consultivo internazionale di Equinor UK nel 2020. Questo Il gruppo mira a fornire all’azienda “punti di vista ed esperienze diversi” dai suoi membri.

Equinor afferma che i membri del gruppo consultivo non rappresentano l’azienda. Tuttavia, Rudd ha recentemente rappresentato Equinor a un evento sponsorizzato dall’azienda e organizzato dalla rete di media dell’UE Euractiv. Ha notato durante l’evento: “Quello che vorrei dai politici che stanno arrivando… sono decisioni politiche che consentirebbero alle aziende di sviluppare le soluzioni”.

Rudd sostiene lo sviluppo della tecnologia di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) (il governo del Regno Unito è stato un sostenitore chiave). Equinor sta progettando un controverso impianto di idrogeno fossile nel Regno Unito, che utilizzerà gas fossile in combinazione con CCS. Sebbene la CCS sia una tecnologia costosa che non è riuscita a fornire, l’industria del petrolio e del gas (e la strategia dell’idrogeno dell’UE) affermano che è “a basse emissioni di carbonio” e puntano su di essa per catturare le emissioni create dalla produzione di idrogeno dai combustibili fossili.

EQUINOR Porta Girevole Caso 2: Lotte Grepp Knutsen

Ruolo pubblico o politico:

2009-2012: Segretario di Stato in diversi ministeri norvegesi

2021-presente: Segretario di Stato per il Ministero delle Finanze norvegese

Ruolo dell’industria dei combustibili fossili:

2019-2021: Manager per gli Affari Politici e Pubblici presso Equinor

Lotte Grepp Knutsen ha lavorato per più di tre anni come Segretario di Stato in Norvegia, fino al 2012, ed è stata assunta da Equinor nel 2019 come Manager per gli affari politici e pubblici. Ha lasciato quella posizione nel 2021 per tornare al governo norvegese, in particolare al Ministero delle finanze, come Segretario di Stato.

EQUINOR Porta Girevole Caso 3: Stein Hernes

Ruolo pubblico o politico:

2015-2018: Consigliere Speciale del Segretario Generale per la Comunicazione Strategica, NATO

Ruolo dell’industria dei combustibili fossili:

2019-presente: Vice President of Corporate Sustainability, poi Vice President of Political and Public Affairs in Equinor

Dopo aver ricoperto diversi ruoli pubblici e politici, Stein Hernes è stato assunto da Equinor come vicepresidente per la sostenibilità aziendale e poi vicepresidente per gli affari pubblici e politici nel 2019.

Conclusione

L’enorme numero di casi di porte girevoli illustra quanto sia grave il problema del conflitto di interessi nella elaborazione delle politiche climatiche. Le norme dell’UE sulle porte girevoli rimangono inadeguate e scarsamente attuate. Nel frattempo, i negoziati sul clima delle Nazioni Unite spesso consentono la sponsorizzazione dei combustibili fossili e membri dell’industria dei combustibili fossili fanno parte delle delegazioni ufficiali. I tentativi di regolare i conflitti di interesse presso l’UNFCCC – sostenuto da governi che rappresentano il 70% della popolazione mondiale – sono stati bloccati dall’UE e da altri.

Mi Il modello di business dell’industria dei combustibili fossili è minacciato dall’attuazione di politiche sui cambiamenti climatici che limiterebbero il riscaldamento globale a 1,5°C. I loro interessi acquisiti nel respingere o diluire qualsiasi legislazione che danneggi i loro profitti dovrebbe escluderli dal processo decisionale sulle questioni climatiche.

Le recenti azioni terroristiche contro Israele secondo Alain Rodier

Cosa significano gli ultimi episodi di azioni terroristiche compiute ad Israele secondo l’ex agente dei servizi di sicurezza francesi Alain Rodier? https://atlantico.fr/article/decryptage/les-attentats-meurtriers-se-succedent-en-israel-attaque-terrorisme-hamas-palestine-etat-islamique-securite-defense-alain-rodier

L’ultimo attentato si è svolto la sera del 29 marzo in località Benei Berak. Secondo le autorità, quattro civili e un agente di polizia sono stati uccisi in due attacchi separati.

Nella prima azione, il terrorista ha ucciso civili vicino a un negozio con un fucile d’assalto. Si è poi trasferito in una zona vicina e ha ucciso l’agente di polizia (cristiano) Amir Khoury, prima di essere neutralizzato da uno dei suoi colleghi.

Secondo la stampa israeliana, il terrorista identificato come Dia Hamarsha viveva nella città di Jenin. Secondo quanto riferito, è stato imprigionato per diversi anni per traffico di armi e perché appartenente a un’organizzazione terroristica palestinese.

Hamas e la Jihad islamica palestinese (PIJ) hanno rilasciato una dichiarazione in cui si congratulano con l’aggressore giustificando la sua azione come una “risposta naturale” a quelli che considerano “crimini commessi da Israele contro il popolo palestinese”.

Un altro messaggio delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa in Cisgiordania ha rivendicato la responsabilità di quest’ultimo attacco. “Benediamo l’eroica operazione svolta dal martire immerso nel cuore del quartiere occupato di Tel al-Rabee / Zia Hamarsha che venera il distretto di Jenin, che ha provocato la morte di cinque stupratori e feriti”.

Va notato che questa organizzazione terroristica dipendente da Fatah non conduceva operazioni spettacolari dal 2007. Secondo Wassim Nasr, “è davvero una ‘riattivazione’ delle brigate martire di Fatah al-Aqsa a Ramallah ‘contro l’occupante e per sostenere la resistenza’”. Per lui, dobbiamo seguire la reazione dell’Autorità palestinese, che non ha ancora sospeso la sua cooperazione con Israele.

Il 27 marzo, la città di Hadera è stata oggetto di un attacco terroristico da parte di due palestinesi di nazionalità israeliana. Hanno aperto il fuoco con una mitragliatrice vicino a una fermata dell’autobus uccidendo due agenti di polizia di 19 anni (Yezen Falah di fede drusa e Shirel Aboukrat, un franco-israeliano), e ferendo altre quattordici persone.

I due terroristi erano stati neutralizzati da membri dell’unità antiterrorismo della polizia di frontiera che erano fuori servizio. Il ministro della Difesa Benny Gantz si è congratulato con loro mentre offriva le sue condoglianze alle famiglie delle vittime e auspicava una pronta guarigione ai feriti.

Si dice che i terroristi siano due cugini identificati come Ibrahim e Ayman Ighbariya. Secondo quanto riferito, Ibrahim è stato arrestato nel 2016 in Turchia mentre cercava di unirsi allo Stato islamico in Siria. Era stato estradato in Israele dove aveva scontato una pena detentiva di sedici mesi (è stato rilasciato nel 2020).

In un video girato prima dell’attacco, i due uomini giurano fedeltà allo Stato islamico e al nuovo “califfo”, Abu Hassan al-Hachimi al-Qourachi introdotto il 10 marzo 2022 in seguito alla morte di Ibrahim al-Hachimi al-Qourachi.

Questo attacco è stato rivendicato dal ramo salafita delle brigate al-Nasser Salah al-Din, che riunisce formazioni palestinesi. La dichiarazione specifica che è stata “una risposta al vertice dell’asse del male”, in riferimento al vertice del Negev iniziato il 27 marzo. Hanno partecipato ministri degli esteri egiziano, degli Emirati, del Marocco e del Bahrain e il segretario di Stato americano Anthony Blinken. La conferenza si è occupata della sicurezza in Medio Oriente nel quadro degli accordi di Abramo. Il primo ministro israeliano Naftali Bennett era assente per andare sulla scena dell’attacco ad Hadera.

Il leader del principale partito politico arabo in Israele (Ra’am) Mansour Abbas ha condannato questa azione terroristica nei seguenti termini: “questo crimine ripugnante è stato ispirato dallo Stato islamico, che non riflette la popolazione arabo-israeliana che desidera vivere in conformità e in conformità con la legge”.

Già lunedì, cinque sospetti sono stati arrestati, tra cui tre nella città araba di Umm el-Fahm, il luogo di residenza dei due terroristi situato a una ventina di chilometri da Hadera.

Il 22 marzo, Mohammed Abu al-Kiyan ha effettuato un attacco con un’auto e poi con un coltello a Beer Sheba, la città principale del deserto del Negev. Quattro persone sono state uccise e altre due ferite. L’aggressore che ha scontato una pena detentiva dal 2016 al 2019 per le scuse di Daesh è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco. L’ISIS ha definito questo terrorista un “inghamasi”, cioè un attivista d’élite che combatte senza uno spirito di ritorno.

Le due azioni rivendicate da Daesh sono rare in Israele. Nel 2017, una cellula palestinese che afferma di essere Daesh ha effettuato un attacco nella città vecchia di Gerusalemme. Una guardia di frontiera era stata uccisa e diverse persone ferite prima che gli assalitori fossero neutralizzati. Hamas e la Jihad islamica palestinese (PIJ) hanno accolto con favore queste operazioni anche se non sono affiliate a Daesh.

Tuttavia, questi tre attacchi mortali mostrano la difficoltà di contrastare questo tipo di attacco.

In generale, i movimenti palestinesi erano principalmente nazionalisti e antisionisti? E la loro eredità marxista-leninista ha impedito loro di cadere nel fondamentalismo religioso. Questo probabilmente sta cambiando.

Inoltre, piccoli gruppi e individui affiliati alla causa di Daesh sono presenti da anni in Israele e nella Striscia di Gaza. Inoltre, una delle “provincie dello Stato islamico” più importanti è quella del Sinai, che confina con la Striscia di Gaza. E come le sue controparti nel continente africano, sta raddoppiando le sue attività al momento…

Il ruolo della resistenza Ucraina secondo la Rand corporation

di James Dobbins

6 aprile 2022

Mentre l’insurrezione raramente offre una via per una vittoria anticipata, una campagna di resistenza popolare che sostiene la continua battaglia convenzionale potrebbe dare all’Ucraina un vantaggio nella sua lotta contro gli occupanti russi .

È probabile che il conflitto in Ucraina fornisca la prima insurrezione su larga scala in Europa dalla fine della resistenza ucraina alla rioccupazione sovietica e polacca delle aree popolate ucraine precedentemente invase dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale.

La resistenza in passato era stata guidata dall’Organizzazione dei nazionalisti ucraini, un gruppo di estrema destra che aveva collaborato con i tedeschi ed era sopravvissuto abbastanza a lungo da ricevere anche il sostegno della CIA. Sono i ricordi di questa insurrezione, che la CIA ha accreditato di aver ucciso 35.000 soldati sovietici, polizia e funzionari del Partito Comunista, che Putin sta cercando di far rivivere quando etichetta l’attuale leadership ucraina come nazista.

Da allora l’insurrezione è diventata la forma di guerra più comune al mondo, impiegata dai movimenti di liberazione nazionale per liberarsi dal dominio coloniale europeo, dai rivoluzionari marxisti e dai militanti islamisti e dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica nei conflitti per procura in tutto il mondo.

Potrebbe essere necessaria una forza di 800.000 soldati e polizia per pacificare completamente tutta l’Ucraina. Questo è cinque volte il numero che la Russia ha schierato attualmente.

L’esperienza mostra che le campagne dei ribelli possono durare decenni, che l’assistenza esterna e un santuario adiacente sono spesso fondamentali per il successo dei ribelli e che le campagne di contro-insurrezione possono essere molto lunghe e ad alta intensità di manodopera. La dottrina militare statunitense, ad esempio, cita un rapporto di 50 controinsorti ogni 1.000 abitanti. Ciò suggerisce che una forza grande quanto 800.000soldati e polizia potrebbe essere necessaria per pacificare completamente tutta l’Ucraina. Questo è cinque volte il numero che la Russia ha schierato attualmente.

La leadership ucraina ha già iniziato a formare un movimento di resistenza per combattere dietro le linee nemiche. Hanno già stabilito le basi legali e organizzative per tale attività. Hanno creato un sito Web con consigli diretti ai cittadini comuni che desiderano impegnarsi in attività di resistenza di resistenza .

E non sembrano esserci dubbi sul fatto che molti lo faranno. Ma la capacità di sostenere una forte insurrezione di fronte alla massiccia repressione russa sarà probabilmente fortemente influenzata dai risultati della battaglia convenzionale. Il governo ucraino manterrà il controllo di un territorio significativo? La battaglia convenzionale continuerà? Se la risposta a queste domande è no, uno stato confinante sarà disposto a consentire che il proprio territorio venga utilizzato per organizzare e sostenere un’insurrezione?

Se il governo ucraino fosse costretto all’esilio, il suo movimento di resistenza si troverebbe in una posizione simile a quella dei resistenti francesi francesi tra la caduta della Francia (giugno 1940) e il D-Day (giugno 1944). In quei quattro anni furono costruite reti clandestine incentrate su intelligence, operazioni di informazione e sabotaggio su piccola scala, mantenendo accesa la fiamma del nazionalismo e preparandosi all’arrivo delle forze alleate. Solo una volta ripresa la battaglia convenzionale, tuttavia, i rischi e i costi legati all’organizzazione di un’insurrezione a tutti gli effetti furono ritenuti commisurati ai potenziali benefici. E nel caso ucraino, probabilmente non arriverà una forza di soccorso alleata.

È probabile che i governi della NATO siano disposti a ospitare un governo ucraino in esilio qualora ciò si rendesse necessario. Consentire a quel governo di dirigere e sostenere una campagna di ribelli su larga scala dal territorio della NATO è un’altra questione. Anche se i russi si astenessero dal montare un attacco aperto a un tale santuario, ci si dovrebbe aspettare che adottino contro misure per interrompere l’attività, inclusi sabotaggi, omicidi e attacchi informatici.

La capacità di sostenere una forte insurrezione di fronte alla massiccia repressione russa sarà probabilmente fortemente influenzata dai risultati della battaglia convenzionale.

Di conseguenza, il confine rilevante tra la NATO e l’Ucraina occupata potrebbe vedere infiltrazioni da entrambe le parti, poiché ribelli e controinsorti hanno viaggiato in entrambe le direzioni, con ogni probabilità in parallelo con reti criminali impegnate nell’evasione delle sanzioni. Il pericolo di un’escalation potrebbe essere sempre presente.

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Un cessate il fuoco negoziato richiederebbe probabilmente anche un certo contenimento delle attività di resistenza se dovesse durare per un certo periodo di tempo.

L’insurrezione è comunemente vista come un’alternativa al combattimento convenzionale, la scelta del partito più debole, che non può prevalere in una lotta tradizionale . Tali conflitti diventano gare di resistenza che possono richiedere decenni per essere risolte. Ma l’insurrezione come complemento alla battaglia convenzionale può produrre risultati molto più rapidi minacciando le linee di comunicazione nemiche e attirando le sue forze dalla battaglia principale.

L’ insurrezione da sola offre, nel migliore dei casi, la prospettiva di un successo lontano a costi enormi. Se combinato con una battaglia convenzionale in stallo ma ancora attiva, tuttavia, può fornire al difensore il vantaggio decisivo.

La guerra santa di Zelensky

Come riferisce il periodico Politico https://www.politico.eu/article/zelenskyy-calls-out-angela-merkel-nicolas-sarkozy-for-blocking-ukraines-nato-bid/

Zelenskyy ha invitato in modo provocatorio la Merkel e Sarkozy a visitare Bucha, per vedere a cosa ha portato la politica di 14 anni di concessioni alla Russia ,per vedere con i loro occhi gli uomini e le donne ucraine torturati. Oltre ad avere auspicato sanzioni ancora più severe nei confronti della Russia e soprattutto aver auspicato che i crimini di guerra commessi nella città di Bucha siano perseguiti come crimini contro l’umanità ha sottolineato che proprio la Francia e la Germania durante il vertice Nato nel 2008 si opposero all’entrata della Georgia e dell’Ucraina all’interno della Nato per non irritare il loro alleato russo. Infine ha ancora una volta sottolineato la necessità che l’Ucraina entri nella Nato per uscire da quella zona grigia che è l’Europa orientale cioè quella zona grigia che si trova tra la Nato e la Russia. Il tono e le parole usate dal Zelensky sono indubbiamente da guerra santa e ricalcano perfettamente un copione e una sceneggiatura redatta dai seguaci di John Wayne o di Roger Moore che vogliono dissanguare la Federazione Russa riducendola sostanzialmente alla loro mercé. Parole che se paiono comprensibili in un contesto di propaganda di guerra allontanano sempre di più qualunque posizione di soluzione diplomatica ma soprattutto creeranno numerosi e gravi problemi di natura economica all’Unione Europea priva di qualunque politica energetica autonoma come d’altra parte di qualunque politica di sicurezza. Ma su come costruire per l’Europa una realistica alternativa energetica dalla dipendenza russa potremmo sempre chiedere lumi eco-teologici ai seguaci di Greta Thunberg o di Papa Francesco.

L’Italia, la Libia e i diritti umani

Anche su queste pagine tra il 2020 e 2021 scrivevamo che ormai la Libia era saldamente in mano alla Turchia e che la presenza italiana era del tutto il rilevante.Una conferma di questa nostra spietata diagnosi-lontanissima dalla narrativa ufficiale-ci viene fornita da una inchiesta apparsa sul quotidiano Domani https://www.editorialedomani.it/politica/mondo/miasit-missione-militari-italiani-libia-missione-viveri-role-2-turchia-porto-misurata-avlsjsdr

relativa al completo isolamento dei nostri soldati italiani in Libia ma soprattutto al fatto che i libici -insieme al servizio segreto militare turco -abbiano libero accesso persino alla base militare italiana. Non è il caso ancora una volta di insistere sulla incapacità italiana di tutelare i propri interessi nazionali ma come invece sia molto brava a tutelare gli interessi altrui e di come la classe politica italiana faccia a gara per dimostrare di essere il più filoamericana possibile.Aumentare la spesa militare? Serve i nostri interessi nazionali o quelli altrui ? Di questo credo gli strateghi e gli analisti politici che appaiono ogni giorno sui mass-media dovrebbero occuparsi: non di sapere se Putin abbia fallito o meno la guerra lampo ma di come l’Italia si sia fatta togliere la Libia consegnandola ai turchi. Passiamo adesso al rispetto dei diritti umani: l’amministratore dell’Eni si è recato in Egitto allo scopo di rendere sempre più autonoma l’Italia dal metano russo con lo scopo di far giungere in Italia il metano egiziano che estrae-fra l’altro-in società con la multinazionale russa Rosneft. L’Egitto-secondo gli standard occidentali naturalmente-è rispettoso dei diritti umani? Abbiamo dimenticato il caso di Giulio Regeni? Se l’Italia fosse coerente con quanto dichiarato dovrebbe recidere i propri contratti anche con l’Egitto. E quelli con il mondo arabo? Abbiamo dimenticato lo scandalo di Khassogi?

Passiamo adesso al massacro di Bucha. Seguendo il dettato americano si vorrebbe procedere ad incriminare l’attuale presidente russo .Se è colpevole lo si faccia pure..Ma ci domandiamo: come mai gli Stati Uniti non fanno parte del Tribunale internazionale dell’Aja? I soldati americani durante la guerra in Iraq, durante le guerre del Golfo e quella in Afghanistan non hanno commesso crimini? Consentiteci di esprimere qualche dubbio…. La strategia portata avanti dagli Stati Uniti è sempre la stessa, ricalca sempre lo stesso copione come nel caso di Saddam Hussein e di Gheddafi: utilizzare il diritto come strumento politico, come arma politica per eliminare i propri competitori o i propri avversari sullo scacchiere internazionale.Il rispetto della vita umana non c’entra assolutamente nulla.È solo una questione di potere.

Il gas olandese è la guerra Russia-Ucraina

Secondo l’indagine del periodico indipendente The Intercept https://theintercept.com/2022/04/06/gas-drilling-ukraine-war-europe-groningen-earthquakes/

l’estrazione di gas a Groningen, una provincia nel nord dei Paesi Bassi che ospita il più grande giacimento di gas naturale d’Europa, ha causato oltre 1.000 terremoti da quando Exxon Mobil e Shell hanno iniziato a trivellare nel 1963. Il governo olandese ha designato centinaia di case gravemente non sicure e migliaia di altre devono essere rafforzate o riparate. Dopo essere scesi ripetutamente in piazza di notte con torce fiammeggianti, i residenti hanno spinto il governo ad aumentare il numero di pagamenti di compensazione e a impegnarsi a porre fine all’estrazione. Ma quando la Russia ha invaso l’Ucraina, costringendo i governi di tutta Europa a riconsiderare la loro dipendenza dal petrolio e dal gas russi, gli esperti sono ritornati a riproporre ulteriore estrazioni a Groninga.

Prima della guerra, i Paesi Bassi ricevevano il 15 per cento del loro gas dalla Russia. (In tutta l’Unione europea, la cifra è un enorme 41 per cento.) Ora, mentre l’Europa cerca di ridurre tale dipendenza, i suoi leader stanno esaminando la possibilità di estrarre i combustibili fossili.

L’invasione russa dell’Ucraina ha riacceso un doloroso dibattito sui combustibili fossili in Europa e Nord America.Nel Regno Unito, i membri del Parlamento hanno chiesto di riavviare il fracking. In Germania, il ministro delle finanze ha proposto di revocare il divieto di nuove trivellazioni per petrolio e gas nel Mare del Nord. Negli Stati Uniti, i legislatori repubblicani hanno proposto di riprendere le trivellazioni nell’Artico.

Tornando all’Olanda il governo olandese guadagna entrate dall’estrazione nel giacimento di gas di Groninga. Nel 2018, l’agenzia statistica centrale olandese ha scoperto che il governo aveva raccolto più di 417 miliardi di euro dall’estrazione nella provincia dal 1965. Gran parte di quel denaro è stato investito in progetti di sviluppo nell’ovest e nel sud dei Paesi Bassi, in città tra cui Amsterdam e Rotterdam.

A GENNAIO, il governo olandese ha annunciato che prevedeva di raddoppiare l’estrazione di gas a Groninga nel 2022 per soddisfare la domanda in Germania. La notizia ha scatenato una marcia di protesta attraverso il capoluogo di provincia che ha attirato da 8.000 a 10.000 persone nonostante le severe misure per il coronavirus. Altri 1,2 milioni si sono uniti digitalmente. Il governo ne ha preso atto e a marzo il segretario di Stato per le industrie estrattive Hans Vijlbrief ha ridotto la quantità di estrazione .

Il gas è stato scoperto a Groninga nel 1959 e nel 1963, Shell ed Exxon iniziarono a trivellare ed estrarre attraverso una joint venture chiamata Nederlandse Aardolie Maatschappij, o NAM.

Gran parte dei Paesi Bassi è bonificata a livello del mare o sotto il livello del mare e la sua complessa rete di dighe, dighe e canali funziona solo con un’ampia ingegneria e supervisione. Quando l’acquedotto fallisce, le conseguenze possono essere disastrose. Nel 1953, ad esempio, una tempesta ha violato le dighe nel sud del paese, uccidendo 1.800 persone. A Groningen, gli interessi dei combustibili fossili hanno riconosciuto all’inizio che l’estrazione avrebbe causato l’affondamento della terra, spingendo la necessità di regolare l’acquedotto. Ma altrimenti minimizzavano i possibili effetti collaterali dell’armeggiare con un paesaggio così delicato, insieme all’impatto più ampio della perforazione del gas, che propagandavano come un’alternativa più pulita al carbone.

I residenti hanno iniziato a sentire terremoti negli anni ’70, ma il governo ha installato sismometri solo nel 1986. Negli anni successivi, i tremori si intensificarono. Uno studioso locale e geologo hobbista di nome Meent van der Sluis ha avvertito che i tremori erano legati alla perforazione. NAM lo ha ridicolizzato. “È stato negato fino a quando non è stato impossibile negarne di più”, ha detto Kodde, di Milieudefensie. Oggi c’è un monumento a van der Sluis lungo una strada a Groningen: una lamiera d’acciaio alta 26 piedi, divisa da una crepa gigante.