Quegli strani intrecci tra Italia e Emirati Arabi Uniti

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Eni e Gabon. Un rapporto difficile

Secondo le informative di African Intelligence , https://www.africaintelligence.fr/petrole-et-gaz_strategies-entreprise/2021/11/08/eni-sur-le-point-de-faire-ses-valises,109702775-art

la multinazionale ENI ha trovato un acquirente per i suoi blocchi D3/D4 su cui ha effettuato la scoperta del gas Nyonié nel 2014. All’epoca, ENI stimava il deposito a quasi 500 milioni di barili di equivalente petrolio, ma sette anni dopo non è stato registrato alcuno sviluppo. I dettagli finali dei negoziati con un partner misterioso dovrebbero essere completati a novembre. Sono sul tavolo due opzioni: la vendita di parte delle azioni della controllata gabonese di ENI o una partenza definitiva dal paese. Secondo le nostre fonti, questi due permessi scadono nel 2022 ed è quindi essenziale che ENI trovi rapidamente un partner prima della fine del contratto.

Il clima sociale all’interno della filiale di ENI a Libreville, dove lavorano quindici dipendenti a tempo pieno, si sta deteriorando di giorno in giorno. L’Organizzazione nazionale dei dipendenti petroliferi (ONEP) esercita pressioni dal 2019 – quando circolavano le prime voci di partenza – sulla direzione dell’ENI per imporre un bonus “buona separazione”, che andrebbe a beneficio dei dipendenti in loco, ma l’azienda ha continuamente negato, fino a poco tempo fa, il suo desiderio di lasciare il paese.

Il direttore generale della filiale gabonese dal 2020, Enrico Tavolini, non è in loco, ma ha sede in Italia, da dove dirige anche gli affari del suo gruppo in Kenya. Nel luglio 2021, i delegati del personale sono stati contattati dalla direzione, che li ha informati che stava lavorando per separarsi da cinque dei quindici dipendenti e che altri tre alla fine sarebbero stati inviati all’espatrio. Nel pomeriggio del 12 novembre si terrà un incontro virtuale tra i dipendenti di ENI Gabon ed Enrico Tavolini.

Eni: chi sono gli uomini chiave dell’espansione della multinazionale petrolifera in Africa

Attraverso quali uomini la nostra multinazionale petrolifera Eni è in grado di attuare la propria politica di proiezione di potenza energetica in Africa? A questa domanda risponde con estrema lucidità il periodico francese la Jeune Afrique https://www.jeuneafrique.com/1252972/economie/petrole-la-galaxie-italo-africaine-de-claudio-descalzi-directeur-general-deni/
Il primo uomo Eni è Alessandro Puliti il capo della potente divisione “risorse naturali” di ENI, che copre tutte le attività estrattive (petrolio, gas ed energie rinnovabili) è infatti considerato il numero due del gruppo.
Il secondo esponete Eni è Guido Brusco, ex capo della filiale angolana e poi di esplorazione e produzione subsahariana .
Il terzo esponente che la rivista africana prende in considerazione è Antonio Panza che monitora la regione nordafricana dell’ENI dal 2017. Questo ingegnere minerario, che ha trentacinque anni di esperienza nell’esplorazione e nella produzione, è stato anche CEO delle filiali libiche ed egiziane dallo stesso anno.
Il quarto uomo è invece Luca Vignati che è capo della regione dell’Africa subsahariana dell’ENI. Ingegnere minerario che ha attraversato le filiali di Congo, Nigeria, Libia e Tunisia, in precedenza era a capo dei negoziati commerciali del gruppo.
Affinché la nostra multinazionale possa ramificarsi in modo capillare nell’Africa e riuscire a battere la concorrenza agguerrita dei francesi, inglesi e americani deve poter contare anche su uomini del posto. Ebbene il periodico francese indica
nel libico Fuad Krekshi un uomo chiave : costui infatti pilota l’area del Medio Oriente, dell’Estremo Oriente e del Nord Africa ed ed è stato un ex dirigente della Libyan National Oil Corporation. Il secondo uomo sul quale può fare affidamento Eni è invece Abdulmomen Arifi che gestisce la filiale del gruppo Descalzi in Libia dal 2019, da dove proviene. Questo ingegnere petrolifero, ha lavorato in particolare al megaprogetto egiziano di Zohr, entrato in produzione a tempo di record. Un altro protagonista dell’affermazione di Eni è una donna: si tratta della nigeriana Callista Azogu ex direttore generale responsabile delle risorse umane e dell’organizzazione della Nigerian Agip Oil Company (NAOC), la filiale di ENI dedicata alla produzione di petrolio nel Delta del Niger.
Un altro uomo chiave nello scacchiere africano per Eni è il Vicedirettore generale dell’ENI Angola dal 2014 e vicepresidente della regione dell’Africa subsahariana per il petrolio a monte dal 2018, l’angranea João Maria Da Silva Junior un ingegnere petrolifero specializzato nell’esplorazione, in particolare nel suo paese natale e in Nigeria.
Per quanto riguarda il Congo un ruolo tutt’altro che marginale è rivestito dalla moglie di Claudio Descalzi Marie Magdalena Ingoba che ha gestito la filiale di ENI a Brazzaville dal 1994 al 1998.
Altrettanto rilevanti per la nostra multinazionale sono i legami con la politica italiana. Lo dimostrano due semplici dati: da un lato Lapo Pistelli responsabile delle relazioni pubbliche e istituzionali internazionali dell’ENI dal 2017 ,Vice Ministro degli Affari Esteri italiano dal 2013 al 2015, ex eurodeputato del Partito Democratico di Matteo Renzi.Dall’altro lato Paola Severino Ministro della Giustizia italiano dal 2011 al 2013 nel governo di Mario Monti che in qualità di avvocato ha difeso Claudio Descalzi nel processo OPL245 a Milano.
Nel contesto dell’imprenditoria italiana Emma Marcegaglia è un punto di riferimento importante per il nostro amministratore delegato. Infatti la Marcegaglia è stato il presidente del Consiglio di amministrazione Eni dal 2014 al 2020 e attualmente è
a capo del B20 – un gruppo che riunisce i rappresentanti dei datori di lavoro dei paesi del G20 – presieduto quest’anno dall’Italia, che ha fatto guarda caso dell’aumento degli scambi economici con l’Africa una priorità.
Al di là delle commoventi riunioni internazionali sul cambiamento climatico la multinazionale italiana preleva circa 1 milione di barili di equivalente petrolio al giorno dal sottosuolo africano in una quindicina di paesi, ponendolo davanti a TotalEnergies, a circa 900.000 barili al giorno. Con buona parte di Greta Thunberg.
A parte questi dati che per quanto asettici sono comunque di estrema rilevanza che cosa sta facendo in questo momento Eni in Africa ?
Il direttore generale si è recato ad Abidjan all’inizio di ottobre annunciando un’importante scoperta stimata in oltre 1,5 miliardi di barili di petrolio nell’offshore ivoriano,dove Eni inizierà la produzione già nel 2024. Un altro viaggio di estremo interesse è stato compiuto ad Algeri dove Eni sta stringendo legami sempre più forti con la multinazionale algerina Sonatrach con l’obiettivo di ottenere l’approvazione delle autorità per l’acquisizione delle attività di BP in Algeria, attualmente in discussione.