GRAHAM E. FULLER ALCUNE RIFLESSIONI DIFFICILI SUL POST-UCRAINA

https://cf2r.org/tribune/quelques-reflexions-difficiles-sur-lapres-ukraine/

La guerra in Ucraina si è trascinata abbastanza a lungo da rivelare alcune traiettorie chiare. Innanzitutto due fatti fondamentali:

Putin deve essere condannato per aver iniziato questa guerra, come praticamente qualsiasi leader che inizia una guerra. Putin può essere definito un criminale di guerra, in buona compagnia di George W. Bush, che ha ucciso molte più persone di Putin.

Condanna secondaria va agli Stati Uniti (NATO) che hanno deliberatamente provocato una guerra con la Russia spingendo incessantemente la loro organizzazione militare ostile, nonostante le ripetute notifiche da Mosca di attraversare le linee rosse, proprio alle porte della Russia. Questa guerra non avrebbe dovuto aver luogo se la neutralità ucraina, come la Finlandia e l’Austria, fosse stata accettata.

Invece, Washington ha chiesto una netta sconfitta per la Russia.

Mentre la guerra volge al termine, come andranno le cose?

Contrariamente alle dichiarazioni trionfalistiche di Washington, la Russia sta vincendo la guerra e l’Ucraina ha perso la guerra. Qualsiasi danno a lungo termine alla Russia è discutibile.

Le sanzioni statunitensi contro la Russia si sono rivelate molto più devastanti per l’Europa che per la Russia. L’economia globale ha subito un rallentamento e molti paesi in via di sviluppo si trovano ad affrontare gravi carenze alimentari e il rischio di una diffusa carestia.

Profonde crepe stanno già comparendo nella facciata europea della cosiddetta “Unità NATO”. L’Europa occidentale rimpiangerà amaramente il giorno in cui ha seguito ciecamente il pifferaio magico americano nella sua guerra contro la Russia. In effetti, questa non è una guerra ucraino-russa, ma una guerra americano-russa condotta per procura contro l’ Ucraina .

Contrariamente alle dichiarazioni ottimistiche, la NATO potrebbe, infatti, emergere indebolita. Gli europei occidentali rifletteranno a lungo sulla rilevanza e sui costi significativi degli scontri a lungo termine con la Russia o altri “concorrenti” degli Stati Uniti.

L’Europa prima o poi tornerà ad acquistare energia russa a buon mercato. La Russia è alle sue porte e una relazione economica naturale con essa alla fine avrà un senso schiacciante.

L’Europa percepisce già gli Stati Uniti come una potenza in declino la cui “visione” di politica estera erratica e ipocrita si basa sul disperato bisogno di preservare la “leadership americana” nel mondo. La volontà dell’America di entrare in guerra per questo scopo è sempre più pericolosa per gli altri.

Washington ha anche chiarito che l’Europa deve impegnarsi in una lotta “ideologica” contro la Cina, in una sorta di lotta proteiforme della “democrazia contro l’autoritarismo”. Eppure questa è davvero una classica lotta per il potere nel mondo. E l’Europa può permettersi ancora meno di virare nel confronto con la Cina, una “minaccia” percepita principalmente da Washington ma poco convincente per molti stati europei e gran parte del mondo.

L’iniziativa cinese “Belt and Road” è forse il progetto economico e geopolitico più ambizioso della storia mondiale. Collega già la Cina all’Europa via ferrovia e via mare. L’esclusione dell’Europa dal progetto “Belt and Road” le costerà cara. Si noti che “Belt and Road” attraversa la Russia. È impossibile per l’Europa chiudere le porte alla Russia pur mantenendo l’accesso a questo megaprogetto eurasiatico. Quindi un’Europa che percepisce gli Stati Uniti come già in declino ha pochi incentivi a unirsi al carro contro la Cina. La fine della guerra in Ucraina farà sì che l’Europa riconsideri seriamente i meriti di sostenere il disperato tentativo di Washington di mantenere la sua egemonia globale.

L’Europa dovrà affrontare una crescente crisi di identità nel determinare il suo futuro ruolo globale. Gli europei occidentali saranno stanchi di essere soggetti al dominio americano sulla politica estera europea, che dura da 75 anni. Attualmente, la NATO è la politica estera europea e l’Europa resta inspiegabilmente timida nell’affermare una voce indipendente. Quanto durerà?

Ora stiamo vedendo come le massicce sanzioni statunitensi contro la Russia, inclusa la confisca di fondi russi alle banche occidentali, stiano inducendo la maggior parte dei paesi del mondo a riconsiderare se scommettere interamente sul dollaro USA in futuro. La diversificazione degli strumenti economici internazionali è già all’ordine del giorno e non farà che indebolire la posizione economica un tempo dominante di Washington e la sua strumentalizzazione egemonica del dollaro.

Una delle caratteristiche più inquietanti di questa lotta russo-americana in Ucraina è la totale corruzione dei media indipendenti. Infatti, Washington ha vinto la top della guerra dell’informazione e della propaganda, orchestrando tutti i media occidentali a cantare lo stesso ritornello sulla guerra in Ucraina. L’Occidente non ha mai assistito a un’imposizione così generale della prospettiva geopolitica e ideologica di un Paese nel suo spazio. Naturalmente, non ci si può fidare nemmeno della stampa russa. In mezzo a una raffica di virulenta propaganda anti-russa come non ho mai visto nei miei anni della Guerra Fredda, analisti seri hanno bisogno di scavare a fondo in questi giorni per ottenere una comprensione oggettiva di ciò che sta realmente accadendo in Ucraina. .

Ma l’implicazione più pericolosa è che mentre ci dirigiamo verso future crisi globali, una stampa veramente libera e indipendente sta scomparendo, cadendo nelle mani dei media dominati dalle multinazionali vicini ai circoli politici, ora supportati dai social media elettronici, che manipolano tutti la narrativa per i propri fini. Mentre ci dirigiamo verso una crisi di instabilità sempre più grande e pericolosa dovuta al riscaldamento globale, ai flussi di profughi, ai disastri naturali e forse a nuove pandemie, lo stretto controllo dei media occidentali da parte di stati e società diventa molto pericoloso per il futuro della democrazia. Oggi non sentiamo più voci alternative sull’Ucraina.

Infine, è molto probabile che il carattere geopolitico della Russia si sia ora spostato decisamente verso l’Eurasia. Per secoli i russi hanno cercato accoglienza in Europa, ma sono sempre stati tenuti a distanza. L’Occidente non vuole discutere di una nuova architettura strategica e di sicurezza. L’Ucraina ha solo intensificato questa tendenza. Le élite russe non hanno altra scelta che accettare che il loro futuro economico risieda nel Pacifico, dove Vladivostok è a solo un’ora o due di aereo dalle vaste economie di Pechino, Tokyo e Seoul. Cina e Russia sono state decisamente spinte ad avvicinarsi sempre più l’una all’altra, anche a causa della loro comune preoccupazione di bloccare la libertà di intervento militare ed economico unilaterale degli Stati Uniti nel mondo. La Russia ha energia in abbondanza ed è ricca di minerali e metalli rari. La Cina ha i capitali, i mercati e la forza lavoro per contribuire a quella che sta diventando una partnership naturale in tutta l’Eurasia.

Sfortunatamente per Washington, quasi tutte le sue aspettative su questa guerra si rivelano errate e la maggior parte del resto del mondo – America Latina, India, Medio Oriente e Africa – trova scarso interesse nazionale in questa guerra fondamentalmente americana contro la Russia.

GRAHAM E. FULLER

Ex ufficiale dell’intelligence americana, avendo successivamente prestato servizio presso la CIA – era capo posto a Kabul – e poi al National Intelligence Council, di cui era vicepresidente. È poi entrato a far parte della Rand Corporation come politologo senior specializzato in Medio Oriente. Ora è professore di storia alla Simon Fraser University. Graham E. Fuller è autore di diversi libri dedicati alle questioni geopolitiche del mondo arabo.

Alessandro Orsini legge John Mearsheimer

Gli Stati Uniti e loro alleati, nonostante abbiano accresciuto la propria quota di potere mondiale dopo la dissoluzione dell’unione sovietica, non intendono arrestare la loro avanzata. Al contrario, cercano di approfittare di tutte le occasioni per espandersi senza sosta.L’Ucraina, un tempo sotto il dominio di Mosca, si era trasformata in una sorta di stato cuscinetto e godeva di buone relazioni con l’Europa e con la Russia.Tuttavia il blocco occidentale, non accontentandosi di questa neutralità di fatto, ha sviluppato una politica aggressiva per favorire la caduta di Janukovyč e sostituirlo con un presidente filo occidentale che, dopo alterne vicende, avrebbe trovato in Porosenko, leader antirusso e assertore dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato.Il problema è che l’Ucraina confina con la Russia, la quale ha un forte interesse a confinare con uno Stato amico, o comunque non ostile, che la separi da Paesi nato per avere più tempo di organizzare la difesa in caso di invasione.Una volta rovesciato Janukovyč, poi scappato in Russia, la competizione per la sicurezza è diventata massima, fino ad assumere la forma dell’offensiva militare.La Russia russo invase la Crimea, nel timore che la base navale di Sebastopoli cadesse nelle mani del nuovo governo filo occidentale.Il blocco occidentale ha imposto le sanzioni contro Putin e quindi la crisi in Ucraina dell’est è una reazione di Putin all’espansione della Nato a spese della Russia.A conferma di questa insaziabilità basterebbe elencare i summit della Nato volti a inglobare i paesi che un tempo erano sotto il controllo della Russia.Il primo vertice ebbe luogo nel 99 e condusse all’inclusione di Repubblica ceca, Ungheria e Polonia.Il secondo si svolse nel 2004 e incluse Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia.Mosca continuava opporsi ad un allargamento così ampio e rapido durante la campagna di bombardamenti della Nato contro la la Serbia nel 95 e il presidente russo Boris Eltsin disse: “questo è il primo segnale di che cosa potrebbe accadere se la Nato arrivasse fino ai confini della federazione russa… Le fiamme della guerra potrebbero bruciare per tutta l’Europa“.Gli appetiti della Nato continuarono a dirigersi sempre più a est, ovvero sempre più vicino alla Russia e, nell’aprile del 2008, si svolse il summit di Bucarest, in cui la Nato iniziò a considerare la annessione della Ucraina.Putin considerava l’integrazione dell’Ucraina e della Georgia nella Nato inaccettabile per assicurare la Russia, ma l’amministrazione americana continua a sostenere il processo di integrazione, a cui però si opposero Francia e Germania per paura di scatenare le ire di Putin.Alla fine, si giunse a un compromesso: la Nato non avrebbe avviato il processo formale, ma si sarebbe limitato ad appoggiare le aspirazioni della Georgia dell’Ucraina con la dichiarazione che tuttavia non placò le paure di Mosca.Pochi mesi dopo, nell’agosto 2008, Putin bombardò la Georgia, per chiarire di essere pronto a scatenare una guerra, pur di impedire l’avvicinamento della Nato ai propri confini.

Alessandro Orsini, Ucraina, critica della politica internazionale.PaperFirst,2022,pagg.98-100

Jacques Baud Il punto sulla situazione ucraina

Va ricordato che l’offensiva russa lanciata il 24 febbraio ha seguito abbastanza fedelmente la dottrina militare russa. La fase 1 è stata articolata attorno a una linea principale di sforzo in direzione del Donbass, da una coalizione composta da forze russe, forze delle Repubbliche popolari di Donetsk (DPR) e Lugansk (LPR), e una linea di sforzo secondaria in direzione di kyiv, ingaggiando le forze russe. Logicamente, gli obiettivi dichiarati da Vladimir Putin, ovvero la “smilitarizzazione” e la “denazificazione” della minaccia al Donbass, si collocano nell’asse principale dello sforzo. Il

La “smilitarizzazione” riguarda le forze ucraine che erano state raggruppate nel Donbass per l’offensiva contro DPR e LPR. La “denazificazione” ha preso di mira principalmente le forze paramilitari dislocate a Mariupol.

I dati forniti dal Pentagono mostrano che la Russia ha lanciato la sua offensiva con circa 80 gruppi di battaglioni (BTG), per un totale di 65.000-80.000 soldati. A questi si aggiungono le milizie RPD e RPL. Considerando che le forze ucraine avevano in questo momento 200.000-250.000 uomini, vediamo che i russi hanno attaccato con una forza complessiva da 3 a 4 volte inferiore. Nel Donbass, l’equilibrio di potere può essere stimato da 1 (coalizione) a 2 (forze ucraine).

Ciò sembra contraddire le regole della strategia russa.Ma Solo in apparenza. La dottrina militare russa è divisa in tre componenti principali: tattica (taktika), arte operativa (operativnoe iskoustvo) e strategia (strategiya). L’arte operativa non è un tipo di operazione (come hanno affermato alcuni esperti) ma un

quadro in cui sono concepite le operazioni militari. Secondo l’Enciclopedia militare russa, questo è il livello di creatività.

I russi sono maestri nell’arte operativa. Per attaccare una forza con mezzi di numero inferiore, creano superiorità locali. Manovrano le loro truppe in modo da ottenere superiorità limitate nel tempo e nello spazio, sufficienti per trarne vantaggio, prima di muovere nuovamente truppe per creare un’altra superiorità locale in un altro settore.

Il 24 febbraio, per sopraffare la difesa ucraina, i russi hanno utilizzato un vecchio concetto immaginato negli anni ’20 e ampiamente utilizzato durante la seconda guerra mondiale: il gruppo di manovra (OGM). Spesso confuso con il concetto

“dell’arte operativa”, l’OGM è una forza ad hoc, molto mobile, che spinge nella profondità del dispositivo nemico secondo il principio dell’“acqua che scorre”. I punti di forza ucraini e le principali località vengono aggirati senza un vero combattimento. L’OGM infatti non mira a distruggere l’avversario, ma a conquistare posizioni favorevoli per ulteriori operazioni.

Per creare superiorità locali, è necessario portare una forza sufficiente nel settore desiderato, impedendo che l’avversario venga a rinforzare il suo dispositivo. Questo è il ruolo di “Shaping Operations” (Shaping Operations nella terminologia americana). Il loro scopo è attrarre o fissare forze nemiche in determinati settori per lasciare il campo libero alle “operazioni decisive”, cioè quelle che consentono il raggiungimento degli obiettivi.

Durante la Fase 1, la coalizione russa ha iniziato la sua operazione decisiva nel Donbass mentre le operazioni di modellamento sono state effettuate nell’area di kyiv e Zaporozhye. Il 28 marzo, con l’accerchiamento dell’ultima piazza dei neonazisti ad Azovstal, questo obiettivo è stato considerato raggiunto e rimosso dalla lista degli obiettivi russi secondo il Financial Times.

Questo è ciò che ha permesso al comando russo di passare alla Fase 2: ha potuto ritirare le forze da Mariupol e concentrare i suoi sforzi sull’obiettivo della smilitarizzazione nel Donbass. Essendo ora in grado di raggiungere la superiorità nella sua decisiva area di operazione, il comando russo ha deciso di ritirare le truppe dal settore di kyiv per rafforzare la sua posizione nel sud del paese. La Russia ne ha approfittato per far passare questo movimento operativo come un gesto di buona volontà nel quadro dei negoziati di Istanbul.

Contrariamente alle dichiarazioni degli “esperti” sui nostri televisori – che ci assicuravano che Vladimir Putin stava cercando di impadronirsi di kiev, poi affermavano che i russi avevano “perso la battaglia di kyiv” – la coalizione russa non ha mai cercato di impossessarsi di kyiv. Inoltre, secondo i dati del Pentagono, i russi avrebbero schierato in questo settore solo circa 20.000-25.000 uomini. Tuttavia, in confronto, si stima che abbiano schierato circa 40.000 uomini per prendere Mariupol, una città notevolmente più piccola.

Nelle operazioni di “rosicchiamento” della Fase 2, il tasso di avanzamento delle forze russe è rallentato. Ciò è dovuto a tre fattori principali.

– In primo luogo, si tratta di affrontare i punti di appoggio che gli OGM avevano inizialmente aggirato. I russi si aspettavano quindi chiaramente un cambiamento nel ritmo delle operazioni.

– In secondo luogo, questi punti di appoggio sono generalmente costituiti da reti di trincee o località, dove i difensori sono difficili da rimuovere. A differenza degli occidentali in Afghanistan, Iraq o Siria, che hanno affrontato un avversario determinato e privo di armi pesanti, la coalizione russa sta combattendo contro un avversario di natura equivalente.

– Terzo, gran parte dei combattimenti è condotta da truppe RPD e LPR, che provengono dalla regione, che hanno conoscenti o parenti nella zona di combattimento e che, contrariamente a quanto affermano i nostri media, cercano di evitare di causare vittime tra i civili .

È probabile che la velocità di avanzamento della coalizione abbia deluso le aspettative di alcuni russi. La narrativa occidentale di una Blitzkrieg (“guerra lampo”) fuorvia al fine di creare queste aspettative e quindi rivendicare l’incapacità russa. In questo spirito le dichiarazioni che la Russia

“volevo prendere Kiev” “in due giorni” e “finire la guerra entro il 9 maggio” erano solo disinformazione per “dimostrare” le carenze russe.

Pertanto, questo rallentamento non corrisponde a un calo delle capacità operative, ma alla natura dei combattimenti che è cambiata e che era stata pianificata. Resta il fatto che la guerra ha i suoi capricci e le truppe ucraine stanno combattendo valorosamente nonostante l’incapacità del loro comando di sostenerle.

La maggior parte delle forze ucraine si trova nel Donbass, intrappolato nella morsa creata dalle forze russe dall’inizio di marzo 2022. Sebbene l’esercito ucraino stia combattendo coraggiosamente a livello tattico, ci sono punti deboli nel modo in cui la sua leadership conduce le sue operazioni..

In primo luogo, addestrato da soldati della NATO la cui unica esperienza operativa è l’Iraq o l’Afghanistan, il personale ucraino – come nel 2014 – è incapace di svolgere operazioni dinamiche. La capacità delle truppe di resistere alle forze della coalizione russa deriva dalla loro preparazione del terreno più che dalla loro capacità di manovra. La relativa efficacia della difesa ucraina deriva principalmente dalla qualità delle loro reti di trincea, che ricordano quelle di Verdun.

In secondo luogo, l’azione delle forze ucraine sembra essere determinata più dalla politica che dalle realtà sul campo. Alcune decisioni sembrano essere prese contro il parere del personale. Questo è il caso dell’ordine di “tenere duro” a tutti i costi. Una situazione che ricorda – anche qui – la prima guerra mondiale. Sembra che la strategia del governo ucraino sia più in campo politico che in campo operativo.

Terzo, le perdite ucraine sembrano impressionanti. Volodymyr Zelensky riconosce vittime di 60-100 uomini al giorno, che sembra molto al di sotto realtà. Perché l’obiettivo di tenere a tutti i costi il Donbass comporta perdite significative, che sembrano essere confermate dai social network. Il comando ucraino ha dovuto inviare 7 brigate di difesa territoriale (Teroboronets), progettate per svolgere compiti di difesa locale, per rafforzare le formazioni di combattimento nell’est del Paese.

Mal preparate, queste truppe diventano facili bersagli per la coalizione russa e il loro tasso di vittime sembra essere enorme. Un media americano vicino al Partito Democratico stima queste perdite al 65% della forza lavoro. Per fare un confronto, una formazione è considerata inadatta al combattimento dopo perdite del 15-25%. Iniettati senza una reale preparazione nelle zone di combattimento, i Teroboronetsi vengono decimati al loro arrivo. Questa situazione ha provocato manifestazioni di donne in tutto il nord del Paese, inclusa kiev, che i nostri media ovviamente non riportano.

Ricordiamo qui che l’obiettivo della Russia non è quello di impadronirsi del territorio, ma di distruggere la minaccia militare al Donbass. Gli occidentali sono stati un cattivo consiglio qui. Il comando ucraino sarebbe stato senz’altro meglio consigliato di non aggrapparsi a posizioni insostenibili; ritirare le sue truppe, che inevitabilmente sarebbero state distrutte, su una linea di difesa poco più arretrata, per ricostituire una vera capacità controffensiva. In altre parole, invece di costituire una forza robusta nel nord e nell’ovest del Paese, l’Ucraina invia le sue truppe per essere annientata in situazioni già disperate. A livello tattico, i soldati ucraini rendono la vita difficile ai russi, ma a livello operativo, il personale ucraino rende loro la vita più facile…

Da metà maggio 2022, la resa spettacolare di 1.000 combattenti della 36a Brigata di fanteria marina, poi di circa 2.500 paramilitari del reggimento Azov trincerati nel sito Azovstal a Mariupol, ha gravemente minato l’immagine della determinazione nei confronti dell’aggressore russo. Fu seguito da una pioggia di ammutinamenti di unità ucraine nel Donbass. Incapace di rifornire regolarmente queste truppe, di dar loro il cambio, di rifornirle di munizioni nonostante le promesse fatte, il comando ucraino perse la fiducia dei suoi uomini. Aumentano le testimonianze e i video delle truppe ucraine che si rifiutano di continuare il combattimento per la mancanza di supporto logistico, come ricorda il colonnello Markus Reisner dell’Accademia militare di Vienna nella sua presentazione sulla situazione del Donbass.

La fragilità della volontà di difesa ucraina non si riflette ovviamente nei nostri media mainstream, che sembrano rammaricarsi del fatto che questi ucraini non combattano fino alla morte. Sono sulla stessa linea dei volontari del movimento Azov, che minacciano Zelensky per aver permesso la resa di Mariupol.

Questa situazione crea tensioni che – secondo alcuni analisti – potrebbero portare a un duro colpo contro Zelensky. Non ci sono prove concrete per confermare questa ipotesi in questa fase, ma sembra che le autorità ne siano preoccupate. Continuano le eliminazioni degli oppositori e le nuove leggi puniscono severamente le opinioni che non supportano le opinioni del governo. A differenza della Russia, che ha bandito

gruppi e movimenti di opposizione sulla base dei loro finanziamenti esteri, la legge ucraina si applica sulla base della natura delle opinioni. Così, tra i partiti presi di mira c’è il partito Nachi, dell’oligarca Yevhen Muraiev, che è soggetto alle sanzioni russe.

Perché l’ordine di “tenere duro” a tutti i costi ha contribuito notevolmente a erodere la fiducia dell’esercito ucraino. Questo spiega la proposta di legge nella Verkhovna Rada per autorizzare gli ufficiali ad abbattere i loro soldati che tentano di disertare. Nel 2015, di fronte allo stesso problema, il parlamento ucraino aveva già adottato una legge del genere. Ma nel 2022, l’indignazione sui social media e i timori che avrebbe influenzato il sostegno occidentale hanno portato al ritiro del progetto. Questo potrebbe essere visto come un’illustrazione del carattere esemplare dello Stato di diritto e della democrazia in Ucraina, ma in realtà questo ritiro si spiega anche con il fatto che la legislazione in vigore consente già a un ufficiale di abbattere i suoi uomini in determinate circostanze …

Resta il fatto che l’immagine di un popolo determinato a combattere è una farsa. È molto probabile che questa determinazione esista nella parte nord-occidentale del paese. Al sud, invece, dove raramente si avventurano i giornalisti, la situazione sembra più sfumata. La popolazione è in gran parte di lingua russa o ha legami con la Russia. Gli abusi commessi dai paramilitari tra Odessa e Kharkov dal 2014 al 2015 hanno lasciato profonde cicatrici, anche se i Paesi occidentali hanno chiuso un occhio. Secondo un soldato ucraino intervistato dalla BBC a Lissitchansk, “il 30% è filo-ucraino, il 30% è filo-russo e il 40% non se ne cura” e la maggior parte dei filo-ucraini se ne sono andati. In altre parole, la volontà di resistere alla coalizione russa in questo settore è probabilmente debole.

L’esercito ucraino sta probabilmente combattendo per l’integrità territoriale del loro paese, ma non proprio per “una nazione”. Gli sforzi dei governi ucraini per differenziare i diritti dei gruppi etnici (legge sulle popolazioni indigene) e la definizione delle lingue ufficiali, solo per citarne alcuni, non danno l’immagine di uno Stato che cerca di unire la sua popolazione in un’unica nazione. Mentre gli abusi contro la popolazione di lingua russa sono i più noti, quelli che colpiscono la popolazione magiara e di lingua rumena spiegano ampiamente la riluttanza dell’Ungheria e della Romania a fornire armi all’Ucraina. La popolazione di Mariupol è di lingua russa e gli abusi subiti dal 2014 hanno fatto percepire gli ucraini – a torto oa ragione – come occupanti e i russi come liberatori.

Per questo non c’è movimento di resistenza nelle aree occupate dai russi, come abbiamo visto in Afghanistan e Iraq contro l’Occidente.

Inoltre, mentre gli ucraini maltrattano i loro prigionieri di guerra russi (senza disturbare i nostri media), il modo in cui i russi trattano i loro è noto nelle file dell’esercito ucraino, come notato dai media russi Readovka (condannato dal governo russo) . Questo aiuta a incoraggiare gli ucraini a deporre le armi. L’Occidente non sembra molto desideroso di svolgere indagini internazionali e imparziali su crimini come Boutcha e di limitarsi ad assistere gli ucraini. Questa non è una garanzia di imparzialità e funziona piuttosto contro il governo di kyiv, nonostante le accuse contro la Russia.

Continua il trend avviato da marzo 2022: la Russia sta gradualmente raggiungendo tutti i suoi obiettivi. La retorica di media senza scrupoli, come France 5 o RTS in Svizzera, che trasmettono sistematicamente le informazioni fornite dalla parte ucraina, ha avuto conseguenze perverse. Siamo più attaccati all’immagine romantica di una difesa eroica e disperata che al destino dell’Ucraina. Così, Claude Wild, ambasciatore svizzero a kyiv, ha dichiarato che “l’Ucraina ha vinto la battaglia per kiev ma nella battaglia per l’Ucraina, per il Donbass e per il sud del Paese, tutto è ancora aperto […] l’asimmetria è ancora totalmente a favore dei russi”.

Paradossalmente, è stata questa narrativa a distruggere l’Ucraina. L’illusione di un crollo della Russia con, come corollario, una vittoria ucraina, suggeriva l’inutilità di avviare un processo negoziale, ma al contrario di consegnare più armi.

Le iniziative di Zelensky per aprire un dialogo con la Russia sono state sistematicamente sabotate da Unione Europea, Regno Unito e Stati Uniti. Il 25 febbraio 2022, Zelensky ha lasciato intendere di essere pronto a negoziare con la Russia. Due giorni dopo, l’Unione Europea arriva con un pacchetto di armi da 450 milioni di euro per incitare l’Ucraina a combattere. A marzo stesso scenario: il 21 Zelensky fa un’offerta che va in direzione della Russia, due giorni dopo torna l’Ue con un secondo pacchetto da 500 milioni di euro per le armi. Il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno quindi esercitato pressioni su Zelensky affinché ritirasse la sua offerta, bloccando così i negoziati di Istanbul.

Tuttavia, la realtà sul campo spinge l’esercito occidentale a essere più realistico. Il 24 marzo il generale Mark Milley, capo dello stato maggiore congiunto, aveva tentato di chiamare il generale Valeri Gerassimov, capo di stato maggiore russo,inutilmente . Il 13 maggio 2022, Lloyd Austin, Segretario alla Difesa degli Stati Uniti, ha chiamato il suo omologo russo, Sergei Shoigu, per chiedergli un cessate il fuoco. Questa è la prima volta che i due uomini si parlano dal 18 febbraio.

I soldati americani sono quindi esigenti: vedono arrivare il disastro per l’Ucraina e cercano di guadagnare tempo. Ma non hanno sufficiente credibilità perché i russi entrino nella questione. Questi ultimi sono in una dinamica per loro attualmente favorevole e le proposte dei militari americani non sembrano avere eco con la Segreteria di Stato. A questo punto, per convincere i russi servirebbero gesti concreti che nessuno è in grado o vuole compiere.

Non solo le sanzioni stanno lottando per avere un effetto concreto sull’economia russa, ma il loro impatto sulle nostre economie comincia a farsi sentire a livello politico. È il caso dell’Estonia, del Regno Unito, degli Stati Uniti e, in una certa misura, della Francia. Negli Stati Uniti, la prospettiva di medio termine spinge i repubblicani a mettere in discussione queste sanzioni che incidono sul potere d’acquisto, sul ruolo del dollaro e, più in generale, sull’economia americana.

Quanto all’economia russa, non sembra risentire delle sanzioni. Il quotidiano britannico The Guardian, feroce oppositore della Russia, deve notare che “la Russia sta vincendo la guerra economica”. L’inflazione che colpisce l’emisfero settentrionale è il risultato della giustapposizione di una flessione dell’offerta a seguito della crisi del CoViD e di un più difficile accesso alle materie prime a seguito delle sanzioni occidentali. Tuttavia, questa seconda causa non riguarda la Russia. Secondo i media Bloomberg, la Russia potrebbe avere un surplus commerciale di circa 285 miliardi di dollari nel 2022. Questo surplus però non deriva da un aumento della produzione di idrocarburi, ma essenzialmente dall’aumento dei prezzi causato dalle sanzioni europee. Quindi, secondo The Guardian, la Russia avrebbe ricevuto un surplus commerciale di 96 miliardi di dollari durante i primi quattro mesi del 2022.

Il problema è che fino a quel momento l’Occidente aveva applicato sanzioni solo ai paesi da cui dipendevano poco, il che ovviamente non è il caso della Russia. Inoltre, gli “esperti” di France 5, RTS o BFM TV, che hanno paragonato l’economia russa a quella italiana o spagnola, hanno deliberatamente liquidato un fattore essenziale: la Russia era una delle meno indebitate al mondo. In altre parole, praticamente non dipendeva dall’esterno. Per questo il rublo, di cui Bruno Lemaire ha annunciato il crollo a seguito delle sanzioni europee, sta facendo meglio che mai! È stata definita “la valuta con le migliori prestazioni dell’anno” dal media finanziario americano Bloomberg.

Quanto alle esportazioni di materie prime e cereali, contrariamente a quanto affermano i nostri media, non sono impedite dalla Russia, ma dalle sanzioni europee e… dall’Ucraina.

In teoria, il trasporto marittimo di grano e fertilizzanti non risente delle sanzioni americane. Ma in pratica, le aziende occidentali non si fidano delle decisioni occidentali che fluttuano irrazionalmente e sono riluttanti a ordinare. Inoltre, le sanzioni occidentali non solo limitano l’acquisto di grano dalla Russia colpendo i mezzi di pagamento, ma ne impediscono la consegna vietando alle compagnie assicurative (e riassicurative) di coprire le spedizioni russe.

Sono operativi i porti del Mar Nero sul versante russo, compreso quello di Mariupol che ha iniziato a riprendere le proprie attività. Quanto al porto di Odessa, non è bloccato dalla Russia, che – al contrario – ha lasciato aperti i corridoi di accesso per rifornire la città. Questi corridoi sono permanentemente aperti e le loro coordinate geografiche sono comunicate a intervalli regolari su frequenze internazionali.

Furono infatti gli ucraini che, temendo uno sbarco a Odessa, minarono loro stessi la costa con vecchie mine a fune. Queste mine, mal posizionate, tendono ad andare alla deriva, mettendo in pericolo tutta la navigazione marittima. La Marina turca ha dovuto disinnescare le mine che hanno raggiunto il Bosforo. Le accuse di un blocco russo sembrano mirare solo a giustificare un possibile intervento occidentale, come riportato dal Washington Post.

In queste condizioni, la domanda sussidiaria è perché l’Ucraina dovrebbe esportare la sua produzione via mare… Perché in effetti, il modo più economico per esportare il grano ucraino sarebbe il treno, attraverso la Bielorussia. A condizione, però, di riconsiderare le sanzioni che lo colpiscono!

Come per tutti gli altri aspetti del conflitto ucraino, i media e gli “esperti” cercano di presentarci Vladimir Putin come un individuo irrazionale. Secondo loro, l’impasse in cui si troverebbero le forze russe in Ucraina, potrebbe spingerlo a ingaggiare l’arma nucleare. All’inizio di maggio, poco dopo il lancio di prova di un missile russo RS-28 Sarmat, i nostri media hanno brandito (di nuovo) la minaccia di un uso irrazionale delle armi nucleari.

In realtà, quello che nessun media ha detto è che alla fine di aprile 2022 il presidente Joe Biden ha deciso un grande cambiamento nella politica nucleare americana abbandonando il principio del “non primo utilizzo” dell’arma nucleare. In altre parole, mentre gli Stati Uniti fino ad allora avevano considerato l’uso delle armi nucleari solo a scopo di deterrenza (politica del “Solo Scopo”), Biden ha approvato una politica “che lascia aperta la possibilità di utilizzare armi nucleari non solo per rappresaglia per un attacco nucleare, ma anche per rispondere a minacce non nucleari”. In altre parole, gli Stati Uniti si permettono in qualsiasi momento di usare armi nucleari.

La narrativa occidentale dell’annunciata sconfitta della Russia e della vittoriosa resistenza dell’Ucraina è l’argomento principale per incoraggiare l’invio di armi. Si ritiene che tutto ciò che serve sia “l’ultima piccola spinta” per ottenere la vittoria. Ma la realtà è meno romantica.

Prima di tutto, precisiamo che le armi fornite dagli Stati Uniti, sono soggette a una legge “Lend-Lease” adottata molto opportunamente il 19 gennaio 2022. In altre parole, le armi fornite dovranno essere pagate dall’Ucraina. A titolo indicativo, un tale meccanismo è stato istituito all’inizio della seconda guerra mondiale per finanziare l’armamento del Regno Unito e della Russia. Hanno finito di ripagare i loro debiti nel… 2006. E per il momento, non si tratta di cancellare il debito dell’Ucraina. Beneficenza ben organizzata…

In secondo luogo, le armi consegnate all’Ucraina non raggiungono i combattenti in prima linea. Diverse ragioni per questo.

– In primo luogo, parte di queste armi che arrivano in Polonia per essere poi inviate in Ucraina, vengono dirottate sul suolo europeo. Così i missili anticarro FGM-148 Javelin, che trasportano speranze occidentali contro le forze russe, vengono rivenduti sul darknet a 30.000 dollari ciascuno da elementi del governo ucraino.

– In secondo luogo, non esiste un vero e proprio meccanismo per la distribuzione di queste armi, le migliori delle quali vengono cedute a unità nell’ovest del Paese, a scapito dei combattenti al fronte.

– Terzo, le azioni ucraine stanno rapidamente cadendo nelle mani dei russi. Questi ultimi hanno così recuperato notevoli quantità di giavellotti che hanno consegnato alle milizie del Donbass, dove ora sono impiegati! Non sono gli unici. Così, alcuni elicotteri ucraini che cercavano di evacuare i caccia da Mariupol furono abbattuti dai missili antiaerei Stinger, forniti dagli americani…

In effetti, anche i servizi di intelligence americani non sanno dove esattamente le armi consegnate in Ucraina finiscano .Questa situazione allarma Juergen Stock, segretario generale dell’Interpol, che teme che queste armi vadano alle organizzazioni criminali. Tuttavia, ciò avviene con la complicità dei governi occidentali che sono riluttanti a mettere in atto tutele e meccanismi di verifica sull’uso di queste armi.

Per quanto riguarda la loro capacità di cambiare l’equilibrio di potere sul terreno, è discutibile. Prima di tutto, la loro quantità è lungi dal sostituire le centinaia di attrezzature ucraine simili che i russi hanno distrutto dal febbraio 2022. In secondo luogo, poiché sono diversi da quelli per i quali è stato formato l’esercito ucraino, rendono difficile standardizzare i metodi di apprendimento e richiedono una manutenzione differenziata. In altre parole, probabilmente causano perdite russe, ma rendono anche la gestione dei combattimenti più complicata per gli ucraini. I loro effetti positivi sono quindi tattici, ma i loro svantaggi sono di natura operativa. Tuttavia, come abbiamo visto, la debolezza ucraina è già a livello operativo. Questo problema è ovviamente evidente all’esercito ucraino, motivo per cui il governo sembra aver emanato una direttiva che vieta ai militari di criticare pubblicamente le attrezzature consegnate dagli occidentali!

Per alcuni, la crisi ucraina ha rafforzato l’unità europea, il collegamento transatlantico e l’importanza della NATO. Le sanzioni sono state applicate all’unanimità nell’euforia e nella prospettiva di un rapido collasso della Russia.

Ma la Russia non è crollata e le sanzioni stanno iniziando ad avere effetti perversi sui paesi occidentali, che non possono più fare marcia indietro senza perdere la faccia. L’unità europea è solo una facciata che l’inflazione creata dalle sanzioni potrebbe rompere ulteriormente nei prossimi mesi. Negli Stati Uniti e In Europa, i commentatori stanno iniziando a mettere in discussione la gestione della crisi e l’allineamento con Washington, che sembra essere stata totalmente sopraffatta dagli eventi. Per quanto riguarda la NATO, la reazione della Turchia alle candidature di Svezia e Finlandia evidenzia due cose.

Prima di tutto, l’incredibile dilettantismo dei leader svedesi e finlandesi che hanno totalmente trascurato di consultare i vari membri dell’Alleanza – e la Turchia in primo luogo – per sondare il loro sostegno. All’inizio degli anni ’90, quando la Svizzera si chiedeva di aderire al partenariato per la pace (PfP) della NATO, una delle nostre prime visite è stata a Mosca, al fine di sondare la loro percezione della neutralità svizzera in questa nuova situazione.

In secondo luogo, la leggerezza della lettura strategica dei paesi nordici, che tendono a credere di essere al centro delle preoccupazioni strategiche della Russia. La loro lettura potrebbe essere quella della Polonia, o anche della Germania. Ma per la Svezia in particolare, l’adesione alla NATO rappresenta un peggioramento della sua posizione strategica.

A differenza di coloro che annunciano perentoriamente da febbraio che la Russia sta cercando di conquistare l’Ucraina, il suo obiettivo finale non è realmente noto. Ci si può aspettare che le forze russe spingano fino alla Transnistria, come annunciato dal Ministero della Difesa russo. Così sarebbe più o meno ricostituita la Novorossiya che ha avuto un’esistenza molto effimera nel 2014. Ci stiamo muovendo verso una situazione in cui l’Ucraina e l’Occidente dovranno fare concessioni di cui non hanno ancora misurato l’importanza. L’idea che lo status della Crimea, del Donbass o persino dell’Ucraina meridionale possa ancora essere negoziabile è un’illusione. Questo era il messaggio di Henry Kissinger al World Economic Forum di Davos a maggio.

È molto probabile che se a Zelensky fosse stato permesso di negoziare come intendeva con la Russia fin dall’inizio dell’offensiva, l’Ucraina avrebbe potuto mantenere la maggior parte del sud sotto la sua sovranità. Oggi, la combinazione di implacabilità occidentale nel prolungare il conflitto e il rifiuto ucraino di impegnarsi in un processo negoziale mette la Russia in una posizione di forza. L’incapacità degli occidentali di giudicare razionalmente il loro avversario sembra portare l’Ucraina al disastro.

OLIVIER DUJARDIN L’UCRAINA PUÒ VINCERE MILITARMENTE LA GUERRA?

Da alcune settimane, un’ondata di ottimismo sta guadagnando l’Occidente sulla capacità dell’Ucraina di vincere la guerra contro la Russia. In effetti, il generale Kyrylo Budanov, capo dell’intelligence militare ucraina, ha dichiarato che “il punto di rottura sarà nella seconda metà di agosto” e che “le azioni di combattimento più attive saranno completate entro la fine di quest’anno. (…) Di conseguenza, ripristineremo il controllo del governo ucraino su tutti i territori perduti, inclusi Donbass e Crimea”. Allo stesso modo, il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha dichiarato che “l’Ucraina può vincere questa guerra”.L’ex generale americano Ben Hodges ha persino annunciato che l’Ucraina avrebbe vinto la guerra prima della fine dell’estate.Questo ottimismo si basa su due osservazioni:

– le reali difficoltà delle forze russe sul campo (significative perdite materiali e umane, logistica carente, debolezze tattiche, sanzioni economiche che ostacolano la sostituzione delle attrezzature, ecc.);

– la capacità di resistenza dell’esercito ucraino, supportato da importanti consegne di armi e dai territori che riuscì a riconquistare, in particolare intorno a Kharkov.

Tuttavia, il quadro è in realtà molto più sfumato perché la stampa occidentale tende a mettere da parte le difficoltà a cui sono soggette le forze ucraine o che potrebbero presto sorgere.

UNA SUPERIORITÀ NUMERICA UCRAINA

È un dato di fatto, tra volontari e riservisti, l’esercito ucraino è in grado di schierare oggi molti più uomini (1,2 milioni in teoria) rispetto alla Russia. Questo è un vantaggio particolarmente importante quando è in posizione difensiva ed è l’attaccante, in teoria, che dovrebbe avere questo vantaggio. Ciò consente all’esercito ucraino di ricostituire le sue unità per compensare le perdite, cosa che i russi hanno molto più difficoltà a fare. Tuttavia, il rifornimento delle unità non avviene con lo stesso livello di abilità. Man mano che le perdite si accumulano, alcuni diventano sempre meno professionali e subiscono una perdita di livello tattico. Interessanti le testimonianze dei volontari stranieri venuti a combattere al fianco degli ucraini: spiegano che molti soldati non hanno ricevuto praticamente nessun addestramento e che il loro valore operativo è basso. Questa debolezza qualitativa è in parte compensata dalla posizione difensiva dell’esercito ucraino che non ha bisogno di manovrare molto. Tuttavia, questo rappresenterà davvero un problema non appena questo esercito vorrà riconquistare i territori perduti. Allora non sarà la stessa guerra e richiederà abilità più complesse che resistere da posizioni trincerate.

Oggi regna la maggiore incertezza sulla capacità ucraina di portare a termine offensive decisive. Finora le controffensive delle forze di Kiev non hanno avuto successo. Diversi sono stati annunciati dal governo ucraino ma – che si tratti dell’assalto a Serpent Island o delle due offensive su Izium (un terzo sarebbe in preparazione) – tutti sono stati tenuti sotto scacco dall’esercito russo. Ricorda che, fino ad ora, le conquiste territoriali dell’esercito ucraino sono principalmente il risultato di un ritiro tattico dell’esercito russo. Anche intorno a Kharkov, le forze di Mosca hanno combattuto principalmente battaglie ritardate per fissare la loro linea di difesa sul fiume Donets. Belgorod non è più un punto di passaggio essenziale per la logistica russa, che ora passa principalmente attraverso Valyuki, a nord, e Chertkovo, a est. Le truppe saranno probabilmente mantenute nel settore di Belgorod per riparare le forze ucraine che non rafforzeranno quelle del Donbass ed eviteranno qualsiasi incursione nel territorio russo.

UN FLUSSO (ININTERROTTO?) DI ARMI E MUNIZIONI

L’aiuto militare occidentale è uno degli elementi essenziali che spiegano la resistenza ucraina. Il volume di armi e munizioni consegnate dall’Occidente all’Ucraina è impressionante: più di 20.000 armi anticarro di ogni tipo, di cui 5.000 missili FGM-148 Javelin (di cui altri 2.000 dovrebbero arrivare) forniti dagli Stati Uniti, diverse migliaia di missili antiaerei, carri armati, cannoni, droni, munizioni ecc. Tuttavia, secondo le dichiarazioni di Washington, tutte le munizioni finora consegnate potrebbero essere esaurite entro la fine di maggio. Tuttavia, sarebbe già poco più di un terzo dei suoi missili Javelin che gli Stati Uniti avrebbero consegnato e tra 1/4 e 1/3 dello stock di missili Stinger FIM-92 (un missile che non ha più commissionato dal 2004). La capacità di produzione industriale dei missili Javelin oggi è di 2.100 esemplari all’anno (ogni missile costa 80.000 dollari e la stazione di tiro 514.000 dollari), vale a dire che si tratta di più di tre anni di produzione che sono stati consumati es in poco più di due mesi. Anche se il produttore prevede di aumentare a 4.000 unità all’anno, nessun ordine è stato ancora formalizzato dall’amministrazione americana e questo aumento di potenza potrebbe essere contrastato dalla carenza di semiconduttori ma anche dalla mancanza di manodopera qualificata.

In generale, si può stimare che i tre mesi di guerra in Ucraina abbiano consumato, da parte ucraina, l’equivalente di almeno due anni di produzione per l’intera industria bellica occidentale. Oltre all’aspetto finanziario – queste armi sono costose e questo grava sulle economie occidentali -, ci si può legittimamente interrogare sulla capacità e la volontà dell’Occidente di continuare a consegnare armi agli ucraini in tali quantità senza indebolire le proprie capacità. mentre l’industria non è in grado di tenere il passo. A titolo di confronto, la Francia ha ordinato 1.950 copie del nuovo missile anticarro MMP di MBDA, da consegnare entro il 2025, che rappresenta una settimana di consumo nel contesto ucraino.

Naturalmente anche le forze russe consumano molte munizioni ma, anche se hanno esaurito le munizioni di precisione (missili, bombe guidate) a causa delle sanzioni, è probabile che il Paese sarà in grado di rifornire le sue forze di razzi, bombe e conchiglie convenzionali in numero sufficiente, tenendo conto delle loro scorte e della loro capacità di produzione. È quindi possibile, contrariamente a quanto spesso si dice, che il tempo sia dalla parte della Russia perché non dipende da nessuno per sostenere il suo sforzo bellico, a differenza dell’Ucraina.

UNA LOGISTICA COMPLESSIFICATA

Le donazioni di equipaggiamento provenienti dai paesi occidentali rappresentano una miscela di materiali molto diversi che creeranno rapidamente problemi, sia per l’addestramento (usare una pistola CAESAR non è la stessa cosa che usare un PZH-2000) ma anche per la manutenzione. Alcune attrezzature sono fornite in quantità abbastanza ridotte (12 cannoni CAESAR, 5+7 obici corazzati PZH-2000, 90+4+6 cannoni M777, 20 veicoli Bushmaster, 10+5 radar controbatteria AN/TPQ-36, 2 radar AN /MPQ-64, ecc.), che complicherà notevolmente la logistica e la manutenzione. Gli occidentali stanno già incontrando le maggiori difficoltà nel mantenere un soddisfacente tasso di disponibilità del loro equipaggiamento militare senza essere in guerra, quindi come possiamo sperare che l’esercito ucraino riesca a fare meglio con personale addestrato troppo rapidamente, una filiera dipendente bene vuoi paesi fornitori e tale eterogeneità di materiali? È molto probabile che molte di queste apparecchiature diventino inutilizzabili abbastanza rapidamente.

A ciò si aggiungono la difficoltà di rifornire di armamenti con munizioni diverse, ei problemi di approvvigionamento di carburante – ormai prodotto razionato -, sapendo che anche l’Europa vede le sue forniture sotto pressione. Si tratta principalmente di prodotti raffinati come il diesel (la Russia ha coperto il 54% del consumo europeo di diesel).

Un altro problema è che la logistica ucraina si basa principalmente sul trasporto ferroviario, che è stato duramente colpito dagli scioperi russi, e il fiume Dnepr costituisce un ostacolo naturale che costringe la logistica a utilizzare un numero limitato di ponti.

ANCORA SUPERIORITÀ DELL’ARIA RUSSA

Anche se la Russia non ha la supremazia aerea totale, domina ancora largamente i cieli.Le forze aeree russe riescono a mantenere un tasso di 100-300 sortite aeree al giorno dall’inizio della guerra contro una dozzina dalla parte ucraina. È difficile immaginare offensive decisive delle forze di kyiv senza che queste abbiano, almeno localmente, una certa presenza nel cielo. I droni non basteranno a compensare l’assenza di cacciabombardieri. Da questo lato, sembra che l’Ucraina dovrà continuare a farlo, e per un bel po’, con i pochi aerei che le restano, il che rende improbabile un’inversione di tendenza in questa dimensione. Sembra difficile immaginare che un esercito possa guadagnare terreno in modo sostenibile contro un avversario dotato di superiorità aerea, se non per acconsentire a perdite estremamente pesanti perché avanzare significa anche esporsi.

*

Se l’esercito russo sta soffrendo molto, anche l’esercito ucraino e le difficoltà del primo non dovrebbero farci distogliere da quelle del secondo. L’Ucraina, militarmente, può vincere questa guerra? È troppo presto per esserne sicuri, perché molto dipenderà dalla capacità degli occidentali di sostenere nel tempo lo sforzo militare ed economico a favore di Kiev. Che l’Ucraina riesca a fermare l’esercito russo – perché sta ancora avanzando – non è impossibile, anche se per il momento le sue forze sembrano essere in grande difficoltà nel Donbass . Un conto è contenere gli attacchi con una difesa basata su posizioni trincerate, un altro è riuscire a invertire la rotta e recuperare il terreno perduto.

Di conseguenza, la probabilità di vedere l’esercito ucraino impossessarsi dell’esercito russo in modo netto fino al punto di invertire la tendenza sembra piuttosto bassa nel breve o medio termine, nonostante le consistenti consegne di armi dall’Occidente, se si continua così Vota. Se si verificasse uno sviluppo favorevole per Kiev, la causa sarebbe politica e/o diplomatica, ma probabilmente non solo militare.

La riflessione di Jeffrey Sachs sulla guerra in Ucraina

La riflessione fatta da Jeffrey Sachs https://www.sipa.columbia.edu/faculty-research/faculty-directory/jeffrey-sachs professore di Svuluppo sostenibile di politica e gestione della salute alla Columbia university sulla questione Ucraina in una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera https://www.corriere.it/politica/22_maggio_01/sachs-stati-uniti-nato-russia-8509a362-c8b4-11ec-85c4-7c8d22958d02.shtml

merita la nostra massima attenzione .

Non c’è dubbio che le sanzioni poste in essere nei confronti della Russia siano uno strumento indispensabile allo stato attuale per portare la Russia alle trattative ma nonostante ciò la via diplomatica rimane uno strumento indispensabile, uno strumento finalizzato a conseguire una pace ragionevole, una pace che preveda l’indipendenza dell’Ucraina ma non la sua adesione alla Nato. Tuttavia non c’è dubbio che allo stato attuale sia la Russia che Stati Uniti non vogliono giungere ad un compromesso.Che l’obiettivo della Russia sia quello di trasformare l’Ucraina in un paese neutrale e quindi di avere accesso sia alle sue risorse sia ai suoi mercati è un dato di fatto ormai del tutto ovvio; ma è altrettanto ovvio che gli Stati Uniti non hanno alcun intenzione di trattare con l’Ucraina ma vogliono che l’Ucraina rientri nella anglosfera sia da un punto di vista militare che da un punto di vista politico -economico. Non esistono infatti elementi oggettivi da parte americana che possono testimoniare la volontà statunitense di raggiungere un compromesso con la Russia.Al contrario l’obiettivo sembra essere quello di servirsi dell’Ucraina per liquidare uno dei maggiori rivali che può mettere in discussione l’egemonia americana.Al di là della condanna scontata da un punto di vista sia giuridico che politico dell’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina bisogna tuttavia osservare la dinamica conflittuale della relazione internazionale con uno sguardo lucido e realistico: se vogliamo per esempio processare Putin per crimini di guerra è assolutamente possibile farlo in base al diritto internazionale.Ma allora coerentemente dovremmo procedere sempre sulla base dello stesso diritto internazionale e processare George Bush e Barack Obama .(non dimentichiamoci che d’altra parte gli Stati Uniti non fanno parte del Tribunale dell’Aja, ndr).

Insomma bisogna avere il coraggio da un punto di vista realistico di riconoscere che siamo di fronte a due potenze che si confrontano per espandere il loro dominio. È indubbio che sia stata la Russia ad iniziare questa guerra-e ci mancherebbe altro che ci potesse negare una ovvietà di tale genere-ma è altrettanto vero che gli Stati Uniti di fronte alla richiesta del presidente Putin di negoziare alla pari in merito all’allargamento della Nato all’Ucraina ha invece attuato una scelta esattamente contraria cioè non solo non ha accettato di discutere con Mosca non riconoscendola dunque come interlocutore legittimo ma al contrario ha firmato accordi a partire dal 2021 con l’Ucraina proprio in funzione antirussa. Di conseguenza che tipo di pace sarebbe possibile?L’unica pace possibile è una pace costruita sul compromesso in cui la Russia si ritira e quindi abbandona la sua politica di espansione ma dall’altro canto la Nato non si amplia ulteriormente.Tuttavia allo stato attuale non sembra che una possibilità di questo genere sia percorribile.Tuttavia una pace di questo genere deve essere attuata prima che si gettano le basi per una guerra nucleare o per una guerra comunque che si allarghi sempre di più e che potrà avere implicazioni sempre più nefaste sul piano economico a livello globale. Un altro aspetto da sottolineare è la subalternità dell’Unione Europea-ancora una volta-rispetto alle decisioni americane: l’Unione Europea infatti dovrebbe svolgere un ruolo di mediazione fra le parti e non invece un ruolo di appendice rispetto alle scelte americane. Ma l’Unione Europea-come bene insegna De Gaulle -paga ancora una volta la sua incapacità di avere una politica estera e militare autonoma rispetto agli Stati Uniti. Un prezzo questo che sta portando l’UE a diventare un terreno di scontro-proprio come l’Ucraina-tra Stati Uniti e Russia.

La riflessione di Noam Chomsky sul conflitto ucraino

Il ruolo della Nato

In ogni caso, nel 1991 rimaneva in piedi la domanda di cosa fare della NATO. La conclusione logica avrebbe dovuto essere che doveva essere sciolta: la sua giustificazione ufficiale non esisteva più. Invece, fu allargata e non solo a livello territoriale ma anche nella sua missione. La missione ufficiale della NATO fu modificata perché diventasse di portata globale, non soltanto il confronto con la Russia. Così, la missione della NATO divenne la protezione del sistema energetico globale, un mezzo per assicurare che esso rimanesse sotto il controllo occidentale: non c’è un’altra accezione di «protezione». Questo sistema includeva le vie marittime e i condotti di gas e petrolio, insomma il mondo intero. In questo modo la NATO è diventata sostanzialmente una forza di intervento a guida statunitense. E lo possiamo confermare agevolmente: basta pensare ai Balcani nel 1999, quando la NATO bombardò la Serbia per la questione del Kosovo. Già questo è un indizio forte del fatto

che la NATO è semplicemente una forza di intervento statunitense che non presta la benché minima attenzione al diritto internazionale. Nel caso della reazione occidentale all’invasione irachena del Kuwait quantomeno si potevano addurre delle argomentazioni, io non credo che fossero valide, ma almeno si potevano immaginare, insomma che fosse una reazione difensiva.

Interventi umanitari

Per giustificare tutto questo sono stati architettati diversi stratagemmi, a livello di ideologia e di propaganda. È istruttivo analizzarli. Uno di questi, molto interessante, è la dottrina del cosiddetto «dovere di proteggere»–RtoP (Responsibility to Protect). Essa in verità prevede due versioni. Una è quella riconosciuta dalle Nazioni Unite, durante l’Assemblea generale ONU del 2005: una versione più ristretta del RtoP che è leggermente diversa da quella che esisteva prima. Poi c’è l’altra versione, che fu sviluppata più o meno nel periodo dei bombardamenti sulla Serbia del 1999 dalla commissione internazionale guidata dall’ex ministro degli Esteri australiano Gareth Evans. La versione di Evans è sostanzialmente identica a quella accolta dalle Nazioni Unite pochissimi anni dopo, ma con una differenza cruciale. In un paio di paragrafi si dice in sostanza: «Laddove non vi sia unanime consenso internazionale, né accordo in seno al Consiglio di sicurezza sull’autorizzazione a un intervento, le organizzazioni regionali nella loro area di giurisdizione possono effettuare un intervento militare che deve essere soggetto a una successiva autorizzazione da parte del Consiglio di sicurezza». Possiamo tradurre tutto questo in una realtà geopolitica. Significa in pratica che la NATO può effettuare interventi militari entro quella che essa stessa definisce come propria area di giurisdizione–che può anche essere il mondo intero–senza l’autorizzazione del Consiglio di sicurezza. E se analizziamo i casi di ricorso al RtoP, è sconcertante vedere che cosa è avvenuto. La versione dell’ONU mirava a dimostrare la legittimità di un’azione, mentre la sua effettiva applicazione segue la versione della commissione di Evans. Dunque, in sostanza, ciò significa che gli USA-NATO possono usare la forza militare senza autorizzazione del Consiglio

Ucraina e Stati Uniti

Il presidente George W. Bush–l’amabile nonnetto rimbambito festeggiato dalla stampa per i vent’anni della sua invasione dell’Afghanistan–mollò le redini, ammettendo vari alleati, fra cui i paesi baltici. Nel 2008 invitò l’Ucraina a aderire, stuzzicando l’orso che dorme. Dal punto di vista geostrategico, l’Ucraina è un territorio fondamentale per la Russia, anche lasciando da parte gli stretti rapporti storici e l’ampia fetta di filorussi nel paese. Germania e Francia opposero il loro veto all’incosciente invito di Bush, invito che però non è mai stato tolto dal tavolo. Nessuna dirigenza russa l’avrebbe mai accettato, di certo non Gorbačëv, che al riguardo si era nitidamente espresso. Come nel caso dello schieramento di armi offensive sul confine russo, esiste una soluzione semplice. L’Ucraina può avere lo stesso ruolo che l’Austria e alcuni paesi nordici ebbero durante la Guerra fredda: neutrali, ma strettamente legati all’Occidente e abbastanza protetti: partecipi dell’Unione europea nel grado in cui hanno stabilito di esserlo. Gli Stati Uniti rifiutano questa prospettiva, proclamando un’appassionata devozione alla sovranità delle nazioni, che non può essere violata: il diritto dell’Ucraina ad aderire alla NATO va salvaguardato. Una posizione virtuosa, che può forse essere encomiata negli Stati Uniti, ma di certo sollecita sghignazzi ovunque nel mondo, Cremlino compreso. Il mondo ci conosce bene come modello di devozione alla sovranità, soprattutto nei tre casi che più degli altri hanno fatto infuriare la Russia: Iraq, Libia e Kosovo-Serbia. Il rifiuto, da parte statunitense, di una neutralità simil-austriaca per l’Ucraina ha qualcosa di surreale. I politici americani sanno a perfezione che l’ammissione alla NATO dell’Ucraina è fuori discussione, per quanto ci è dato prevedere. E possiamo tranquillamente accantonare le ridicole esibizioni di rispetto per la sacrosanta sovranità. Dunque, in nome di un principio nel quale non credono neppure per un istante, e per perseguire un obiettivo che sanno essere portata, gli Stati Uniti corrono il rischio di disastrose sciagure. A tutta prima, si tratta di una mossa incomprensibile, che però rivela plausibili calcoli imperialistici.

Europa e Nato

Una risposta può esser suggerita dal celebre slogan sugli scopi della NATO: tenere la Russia fuori, la Germania buona e gli USA dentro. La Russia è alla larga. La Germania è buona. Rimane da chiedersi se gli USA rimarranno in Europa: o meglio, se rimarranno al potere in Europa. Non tutti hanno accettato senza opporsi questo assunto della politica mondiale; fra questi: Charles de Gaulle, che propose la sua idea di Europa dall’Atlantico agli Urali; l’ex cancelliere tedesco Willy Brandt, con la sua Ostpolitik; e il presidente francese Emmanuel Macron, con le sue attuali iniziative diplomatiche che tanto dispiacciono a Washington. Se la crisi Ucraina trovasse una soluzione pacifica, sarebbe un affare tutto europeo, rompendo con la concezione «atlantista» postbellica che vede gli Stati Uniti saldamente al posto di guida. Si creerebbe anche un precedente per un’ulteriore indipendenza europea, se non addirittura per un avvicinamento alla visione di Gorbačëv. Inoltre, con la «Nuova via della seta» cinese che incombe da est, nell’ordine globale si aprono nuovi e più ampi scenari.

Aspetti della politica estera americana

Tutto vero, anche se a volte è difficile da credere. Uno degli esempi più importanti e rivelatori ce lo fornisce la cornice retorica del maggiore documento di pianificazione interna risalente ai primi anni della Guerra fredda, il Memorandum 68 del 1950, poco dopo la «perdita della Cina» che mandò nel panico gli Stati Uniti. 2 Quel documento costituì la premessa per un’enorme “espansione del bilancio militare. Vale la pena di ricordarlo oggi che vediamo riverberare gli effetti di quella follia, e non per la prima volta. È così da sempre. Le raccomandazioni politiche del Memorandum 68 sono state ampiamente studiate dalla ricerca accademica, mentre si è dato scarso rilievo all’isterismo del suo stile retorico. L’impianto è quello di una fiaba: il male assoluto da una parte e la purezza e il nobile idealismo dall’altra. Da una parte c’è lo «Stato schiavista» (l’Unione Sovietica), con il suo «progetto fondamentale» e la sua innata «coazione» a conquistare l’« autorità assoluta sul resto del mondo», distruggendo tutti i governi e la «struttura della società» dovunque. Al suo male assoluto si contrappone la nostra assoluta perfezione. «Scopo fondamentale» degli Stati Uniti è assicurare ovunque «la dignità e il valore dell’individuo». I leader americani sono animati da una «tendenza generosa e costruttiva e dall’assenza di cupidigia nelle relazioni internazionali»: atteggiamento particolarmente evidente nel luogo storico dell’influenza statunitense, ovverossia l’emisfero occidentale, da tempo beneficiario della tenera sollecitudine di Washington, come possono testimoniare i suoi abitanti. Chiunque avesse familiarità con la storia e con i reali equilibri mondiali del potere dell’epoca avrebbe reagito a questa messinscena con totale sconcerto. Nemmeno gli autori del documento, presso il Dipartimento di Stato, credevano a ciò che scrivevano. Alcuni di loro, successivamente, lasciarono qualche indizio di ciò che intendevano fare. Il segretario di Stato Dean Acheson spiegò nelle sue memorie che, per poter imporre l’enorme espansione militare già pianificata, bisognava «ficcarlo in testa al governo» badando di essere «più cristallini della verità. “I precedenti retorici sono tanti, e in questo momento il tasto su cui si batte è l’indolenza e l’ingenuità degli americani verso le vere intenzioni di quel «cane sciolto» di Putin, ossia distruggere la democrazia ovunque essa sia e sottomettere il mondo alla sua volontà, questa volta con l’appoggio dell’altro «Grande Satana», Xi Jinping. Tutti hanno intravisto nel vertice tra Putin e Xi Jinping del 4 febbraio, in occasione dell’apertura dei Giochi olimpici, un evento di enorme rilevanza per gli affari internazionali. Un articolo in primo piano sul «New York Times» raccontava l’evento titolando «Un nuovo Asse», con un’allusione non troppo velata. Nel pezzo si riportavano le vere intenzioni di questa reincarnazione delle potenze dell’Asse: «Il messaggio che Cina e Russia hanno lanciato agli altri paesi è chiaro», scrive David Leonhardt. «Non faranno pressioni su altri governi affinché rispettino i diritti umani o indicano le elezioni». Con sgomento di Washington, l’Asse sta inoltre attirando a sé due paesi che rientrano nel «campo americano», l’Egitto e l’Arabia Saudita, esempi straordinari di come gli Stati Uniti rispettino i diritti umani e le elezioni all’interno del loro «campo», ossia garantendo un massiccio flusso di armi a queste brutali dittature o partecipando direttamente ai loro crimini. Il Nuovo Asse sostiene inoltre che «un paese potente dovrebbe poter imporre la sua volontà all’interno della sua conclamata sfera di influenza. Quel paese dovrebbe anche essere in grado di rovesciare un governo vicino più debole senza che il mondo interferisca. “Come nel caso del Memorandum 68, c’è del metodo nella follia. La Cina e la Russia rappresentano davvero una minaccia concreta. E l’egemone globale non la prende alla leggera. Ci sono temi ricorrenti nel modo in cui i commentatori e la politica statunitense reagiscono a quella minaccia. E meritano qualche riflessione. L’Atlantic Council definisce la formazione del Nuovo Asse uno «spostamento tellurico nelle relazioni internazionali» che sottende un progetto «da capogiro»: «Le parti hanno convenuto di creare legami più forti tra le loro economie mediante la cooperazione tra la Nuova via della seta cinese e l’Unione economica eurasiatica di Putin. Lavoreranno insieme allo sviluppo dell’Artico. Potenzieranno il coordinamento tra le istituzioni multilaterali e nella lotta ai cambiamenti climatici». 5 Non dobbiamo sottovalutare la grande rilevanza della crisi ucraina, aggiunge Damon Wilson, presidente del National Endowment for Democracy: «La posta in gioco di questa crisi non coinvolge soltanto l’Ucraina, ma il futuro della libertà», nientedimeno che. 6 Vanno prese delle misure forti al più presto, afferma il capogruppo della minoranza al Senato Mitch McConnell: «Il presidente Biden dovrebbe usare ogni strumento a sua disposizione e imporre dure sanzioni prima di un’invasione e non dopo». Non c’è tempo di baloccarsi con appelli macroniani all’orso furioso affinché moderi la sua violenza. “Per Washington la questione è più profonda: un accordo regionale porrebbe una seria minaccia allo status globale degli Stati Uniti. Questa preoccupazione cova sin dagli anni della Guerra fredda: è possibile che l’Europa acquisisca un ruolo indipendente negli affari internazionali (e sarebbe possibile) magari seguendo la visione gollista, ossia di un’Europa dall’Atlantico agli Urali, ripresa poi nel 1989 da Gorbačëv con la sua idea di una «casa comune europea», di un «vasto spazio economico dall’Atlantico agli Urali»? Ancora più impensabile sarebbe la visione ulteriormente allargata di Gorbačëv di un sistema di sicurezza eurasiatico da Lisbona a Vladivostok senza blocchi militari: una proposta che fu rifiutata senza possibilità di appello durante i negoziati condotti trent’anni fa per ricercare un accomodamento post-Guerra fredda.

Cina

Più o meno lo stesso vale per gli attriti con la Cina. Come abbiamo discusso in precedenza, 12 ci sono seri problemi riguardanti la violazione del diritto internazionale da parte della Cina nei mari vicini, anche se gli Stati Uniti, essendo l’unico paese marittimo a rifiutarsi persino di ratificare la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, non sarebbero nella posizione di muovere obiezioni. E di certo gli Stati Uniti non mitigano questi problemi nel momento in cui inviano una flotta navale in quelle acque o forniscono all’Australia una flotta di sottomarini nucleari per rafforzare la loro già schiacciante superiorità militare al largo delle coste della Cina. Tali questioni possono e devono essere affrontate dalle potenze regionali. Come nel caso dell’Ucraina, il problema per gli Stati Uniti è che non sono loro a dettare legge. E sempre come nel caso dell’Ucraina, gli Stati Uniti professano i loro alti principi nel fronteggiare la minaccia rappresentata dai cinesi: il loro ribrezzo per le violazioni dei diritti umani da parte della Cina, che pure sono senza dubbio gravi. Anche in questo caso non è troppo difficile valutare la sincerità di questa posizione. Un indicatore molto utile al riguardo sono gli aiuti militari inviati dagli Stati Uniti. In cima alla classifica troviamo due paesi che formano una categoria a parte: Israele ed Egitto. Quanto alle performance israeliane in materia di diritti umani possiamo fare riferimento ai dettagliati rapporti di Amnesty International e Human Rights Watch.

Il ruolo della resistenza Ucraina secondo la Rand corporation

di James Dobbins

6 aprile 2022

Mentre l’insurrezione raramente offre una via per una vittoria anticipata, una campagna di resistenza popolare che sostiene la continua battaglia convenzionale potrebbe dare all’Ucraina un vantaggio nella sua lotta contro gli occupanti russi .

È probabile che il conflitto in Ucraina fornisca la prima insurrezione su larga scala in Europa dalla fine della resistenza ucraina alla rioccupazione sovietica e polacca delle aree popolate ucraine precedentemente invase dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale.

La resistenza in passato era stata guidata dall’Organizzazione dei nazionalisti ucraini, un gruppo di estrema destra che aveva collaborato con i tedeschi ed era sopravvissuto abbastanza a lungo da ricevere anche il sostegno della CIA. Sono i ricordi di questa insurrezione, che la CIA ha accreditato di aver ucciso 35.000 soldati sovietici, polizia e funzionari del Partito Comunista, che Putin sta cercando di far rivivere quando etichetta l’attuale leadership ucraina come nazista.

Da allora l’insurrezione è diventata la forma di guerra più comune al mondo, impiegata dai movimenti di liberazione nazionale per liberarsi dal dominio coloniale europeo, dai rivoluzionari marxisti e dai militanti islamisti e dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica nei conflitti per procura in tutto il mondo.

Potrebbe essere necessaria una forza di 800.000 soldati e polizia per pacificare completamente tutta l’Ucraina. Questo è cinque volte il numero che la Russia ha schierato attualmente.

L’esperienza mostra che le campagne dei ribelli possono durare decenni, che l’assistenza esterna e un santuario adiacente sono spesso fondamentali per il successo dei ribelli e che le campagne di contro-insurrezione possono essere molto lunghe e ad alta intensità di manodopera. La dottrina militare statunitense, ad esempio, cita un rapporto di 50 controinsorti ogni 1.000 abitanti. Ciò suggerisce che una forza grande quanto 800.000soldati e polizia potrebbe essere necessaria per pacificare completamente tutta l’Ucraina. Questo è cinque volte il numero che la Russia ha schierato attualmente.

La leadership ucraina ha già iniziato a formare un movimento di resistenza per combattere dietro le linee nemiche. Hanno già stabilito le basi legali e organizzative per tale attività. Hanno creato un sito Web con consigli diretti ai cittadini comuni che desiderano impegnarsi in attività di resistenza di resistenza .

E non sembrano esserci dubbi sul fatto che molti lo faranno. Ma la capacità di sostenere una forte insurrezione di fronte alla massiccia repressione russa sarà probabilmente fortemente influenzata dai risultati della battaglia convenzionale. Il governo ucraino manterrà il controllo di un territorio significativo? La battaglia convenzionale continuerà? Se la risposta a queste domande è no, uno stato confinante sarà disposto a consentire che il proprio territorio venga utilizzato per organizzare e sostenere un’insurrezione?

Se il governo ucraino fosse costretto all’esilio, il suo movimento di resistenza si troverebbe in una posizione simile a quella dei resistenti francesi francesi tra la caduta della Francia (giugno 1940) e il D-Day (giugno 1944). In quei quattro anni furono costruite reti clandestine incentrate su intelligence, operazioni di informazione e sabotaggio su piccola scala, mantenendo accesa la fiamma del nazionalismo e preparandosi all’arrivo delle forze alleate. Solo una volta ripresa la battaglia convenzionale, tuttavia, i rischi e i costi legati all’organizzazione di un’insurrezione a tutti gli effetti furono ritenuti commisurati ai potenziali benefici. E nel caso ucraino, probabilmente non arriverà una forza di soccorso alleata.

È probabile che i governi della NATO siano disposti a ospitare un governo ucraino in esilio qualora ciò si rendesse necessario. Consentire a quel governo di dirigere e sostenere una campagna di ribelli su larga scala dal territorio della NATO è un’altra questione. Anche se i russi si astenessero dal montare un attacco aperto a un tale santuario, ci si dovrebbe aspettare che adottino contro misure per interrompere l’attività, inclusi sabotaggi, omicidi e attacchi informatici.

La capacità di sostenere una forte insurrezione di fronte alla massiccia repressione russa sarà probabilmente fortemente influenzata dai risultati della battaglia convenzionale.

Di conseguenza, il confine rilevante tra la NATO e l’Ucraina occupata potrebbe vedere infiltrazioni da entrambe le parti, poiché ribelli e controinsorti hanno viaggiato in entrambe le direzioni, con ogni probabilità in parallelo con reti criminali impegnate nell’evasione delle sanzioni. Il pericolo di un’escalation potrebbe essere sempre presente.

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Un cessate il fuoco negoziato richiederebbe probabilmente anche un certo contenimento delle attività di resistenza se dovesse durare per un certo periodo di tempo.

L’insurrezione è comunemente vista come un’alternativa al combattimento convenzionale, la scelta del partito più debole, che non può prevalere in una lotta tradizionale . Tali conflitti diventano gare di resistenza che possono richiedere decenni per essere risolte. Ma l’insurrezione come complemento alla battaglia convenzionale può produrre risultati molto più rapidi minacciando le linee di comunicazione nemiche e attirando le sue forze dalla battaglia principale.

L’ insurrezione da sola offre, nel migliore dei casi, la prospettiva di un successo lontano a costi enormi. Se combinato con una battaglia convenzionale in stallo ma ancora attiva, tuttavia, può fornire al difensore il vantaggio decisivo.

La guerra santa di Zelensky

Come riferisce il periodico Politico https://www.politico.eu/article/zelenskyy-calls-out-angela-merkel-nicolas-sarkozy-for-blocking-ukraines-nato-bid/

Zelenskyy ha invitato in modo provocatorio la Merkel e Sarkozy a visitare Bucha, per vedere a cosa ha portato la politica di 14 anni di concessioni alla Russia ,per vedere con i loro occhi gli uomini e le donne ucraine torturati. Oltre ad avere auspicato sanzioni ancora più severe nei confronti della Russia e soprattutto aver auspicato che i crimini di guerra commessi nella città di Bucha siano perseguiti come crimini contro l’umanità ha sottolineato che proprio la Francia e la Germania durante il vertice Nato nel 2008 si opposero all’entrata della Georgia e dell’Ucraina all’interno della Nato per non irritare il loro alleato russo. Infine ha ancora una volta sottolineato la necessità che l’Ucraina entri nella Nato per uscire da quella zona grigia che è l’Europa orientale cioè quella zona grigia che si trova tra la Nato e la Russia. Il tono e le parole usate dal Zelensky sono indubbiamente da guerra santa e ricalcano perfettamente un copione e una sceneggiatura redatta dai seguaci di John Wayne o di Roger Moore che vogliono dissanguare la Federazione Russa riducendola sostanzialmente alla loro mercé. Parole che se paiono comprensibili in un contesto di propaganda di guerra allontanano sempre di più qualunque posizione di soluzione diplomatica ma soprattutto creeranno numerosi e gravi problemi di natura economica all’Unione Europea priva di qualunque politica energetica autonoma come d’altra parte di qualunque politica di sicurezza. Ma su come costruire per l’Europa una realistica alternativa energetica dalla dipendenza russa potremmo sempre chiedere lumi eco-teologici ai seguaci di Greta Thunberg o di Papa Francesco.

Gagliano Giuseppe Alcune considerazioni sulle implicazioni a breve-medio termine sulle sanzioni economiche sulla Rossi

Vediamo adesso di illustrare alcune delle implicazioni che la guerra economica attraverso le sanzioni avranno a livello globale.In primo luogo avremo un evidente aumento dei prezzi delle materie prime-per esempio cibo ed energia-e questo determinerà l’aumento dell’inflazione che finirà per i modificare profondamente il valore dei redditi finendo per pesare sulla domanda; in secondo luogo vi sarà l’interruzione del commercio e quindi delle catene di approvvigionamento ma soprattutto un aumento dei flussi di rifugiati.Inoltre la perdita di fiducia da parte delle imprese e l’aumento delle incertezze del mercato costringeranno gli investitori a rivedere i prezzi delle attività inasprendo certamente le condizioni finanziarie oltre a determinare dei veri e propri flussi di capitali dai mercati emergenti

Per esempio il coinvolgimento della Russia e dell’ Ucraina -che sono produttori di materie prime – ha determinato e determinerà un aumento dei prezzi globali come per esempio il petrolio e il gas naturale; ma anche il costo del cibo è lievitato in modo notevole come per esempio il grano di cui Ucraina e Russia rappresenta il 30% delle esportazioni mondiali. Ma naturalmente esistono altre ripercussioni sul piano economico: quei paesi che dipendono dalle importazioni petrolifere vedranno inevitabilmente incrementare i loro deficit fiscale commerciale e quindi come conseguenza aumentare la pressione inflazionistica.Certo non bisogna naturalmente dimenticare che alcuni paesi esportatori di petrolio come quelle che si trovano nell’aria africana e nell’aria medio orientale potrebbero trarre benefici da prezzi più elevati.

Per quanto riguarda l’aumento dei prezzi di cibo e del carburante cosa potrebbe comportare tutto ciò? Per esempio l’aumento di destabilizzazione di natura sociale ed economica nelle regioni dell’Africa sub-sahariana , in America latina ,nel Caucaso e certamente nell’Asia centrale; mentre per quanto riguarda l’insicurezza alimentare questo non farà altro che determinare un ulteriore peggioramento delle condizioni già precarie presenti in alcune regioni dell’Africa e del Medioriente.

Non è escluso che a lungo termine l’attuale guerra potrebbe modificare in modo profondo l’ordine economico a livello globale.

Previsioni troppo negative? Scenari apocalittici? Se pensiamo all’Europa orientale il bilancio attuale è già significativo.Infatti le sanzioni che sono state poste in essere nei confronti della Russia finiranno per rendere sempre più difficoltosa l’intermediazione finanziaria oltre che il commercio e quindi determineranno una evidente recessione soprattutto della Russia.Infatti il deprezzamento del rublo non farà altro che alimentare l’inflazione e questo diminuirà il tenore di vita della società civile russa.

Ma anche nel settore della finanza pubblica dei paesi europei l’attuale guerra porterà delle conseguenze come per esempio l’incremento della spesa sia nel settore energetico sia nei bilanci della difesa.Certo non possiamo d’altra parte misconoscere il fatto che gran parte delle banche europee che hanno investimenti in Russia hanno attualmente un profilo di rischio abbastanza limitato e comunque gestibile.

Ma quali ripercussioni potrebbe avere tutto ciò per esempio nella settore geografico dell’Asia e del Caucaso? È evidente che queste nazioni dovranno subire le conseguenze maggiori della recessione poiché hanno delle relazioni di natura bilaterale con la Russia sia nel sistema del commercio che in quello dei pagamenti online ma anche negli investimenti come nel turismo.

Per quanto concerne l’area mediorientale e nordafricana è probabile che i prezzi del cibo e della energia avranno effetti molto importanti (per esempio sull’Egitto che importa gran parte del suo grano dalla Russia e dall’Ucraina);ma anche l’afflusso turistico subirà un calo significativo. Insomma l’inflazione diventerà un elemento dominante e quindi per controllarla servirà un aumento della spesa pubblica che finirà per pesare in maniera rilevante sul debito dei singoli Stati.

Se poi rivolgiamo la nostra attenzione all’Africa sub sahariana è evidente che molti paesi di questa regione saranno maggiormente vulnerabili a causa dell’implicazione della guerra, implicazioni che porteranno all’aumento dei prezzi di energia e dei generi alimentari oltre alla riduzione sempre maggiore del turismo. D’altra parte questi paesi non hanno una capacità di reagire agli effetti di uno di una guerra di questa natura ,non hanno gli strumenti adatti per contenere e limitare i danni e questo non farà altro che incrementare il loro debito pubblico. Infatti per l’Africa sib-sahariana i prezzi altissimi del grano incideranno profondamente sul tessuto economico dei paesi africani.Se poi rivolgiamo la nostra attenzione ai prezzi assai elevati delle materie prime è chiaro che tutto ciò non fa altro che incrementare l’inflazione nell’area dell’America Latina e in quella caraibica dove d’altra parte il tasso medio di crescita è già dell’8% come per esempio in Brasile, in Messico, in Cile, in Colombia o in Perù.Questo determinerà un intervento massiccio da parte delle banche centrali per contenere l’inflazione.

Se poi rivolgiamo la nostra attenzione all’incremento dei prezzi petroliferi esso ha certamente danneggiato gli importatori dell’America centrale e dei Caraibi mentre al contrario quei paesi che esportano il petrolio, il rame il mais,il grano e i metalli possono certamente valutare la necessità di aumentare il prezzo di questi prodotti.

Anche se gli Stati Uniti non hanno legami o partnership dirette con l’Ucraina e la Russia tuttavia i massicci finanziamenti voluti dall’attuale amministrazione non fanno altro che aumentare l’inflazione e di conseguenza i prezzi potrebbero continuare a salire costringendo la Federal Reserve ad aumentare i tassi di interesse.

Veniamo all’area del Pacifico.A nche in questo caso i legami con la Russia sono molto limitati tuttavia il progressivo e graduale rallentamento della crescita economica in Europa a causa di questa guerra finirà per avere un impatto significativo sui principali paesi esportatori di petrolio .

Per quanto riguarda la Cina allo stato attuale gli effetti sono molto limitati e anche se i prezzi delle materie prime e l’indebitamento della domanda nei principali mercati di importazione certamente non faranno altro che aumentare le difficoltà di natura economica. Tuttavia ritengo necessario approfondire maggiormente questo aspetto considerando che la Cina-al pari della Russia-e l’altro grande competi Thor a livello globale degli Stati Uniti (me la speranza che Taiwan a non sia la prossima Ucraina…).

Non c’è dubbio che l’attuale guerra tra Russia e Ucraina riconfiguri in modo profondo gli equilibri della geoeconomie globale.Stiamo facendo riferimento naturalmente non soltanto alla Belt and Road Initiative (BRI) cinese, ma anche al Global Gateway dell’Unione europea, al Blue Dot Network (BDN) guidato dagli Stati Uniti, Build Back Better World (B3W) del G-7, al Quality Infrastructure Investment (QII del Giappone), all’Unione economica eurasiatica russa (EAEU) e l’International North-South Transport Corridor (INSTC) guidato da Russia, Iran e India.

Ma concentriamo la nostra attenzione sulla BRI cinese che allo stato attuale è la più importante iniziativa economica anche perché coinvolge 140 paesi.La

Via Della Seta sarà profondamente riconfigurata da questa guerra; non dimentichiamoci infatti che per la Cina la Russia era una rotta terrestre più affidabile per poter entrare nel mercato dell’Unione Europea.In altri termini Russia, Ucraina, Polonia e Bielorussia dovevano -nel progetto cinese -entrare a far parte di una sorta di nuovo collegamento terrestre euroasiatico basato su rotaia e queste aspettative di connettività terrestre sono state al momento annullate dal conflitto attuale. Anche il 17 + 1 che come sappiamo è una piattaforma di forte sinergia tra la Cina e i 17 paesi dell’Unione centrale ed orientale aveva già subito diverse battute d’arresto ache a causa della guerra economica tra la Cina e l’America.Ebbene questa sinergia non fa altro che subire un ulteriore flessione a causa del contrasto fra Occidente e Russia e soprattutto a causa della distruzione delle infrastrutture ucraine che rendono praticamente impossibile sia breve che a medio termine la possibilità di concretizzare questa sinergia.

A questo punto le relazioni tra la Cina e Unione Europea dovranno concentrarsi sulle tradizionali rotte marittime.Non dimentichiamoci infatti che l’80% del commercio globale viene ancora fatto tramite le rotte marittime e quindi l’entusiasmo dimostrato da parte della Cina per le rotte ferroviarie dovrà almeno per il momento essere accantonato.

Ma la Cina dovrà cercare di aggirare i confini della geografia russo-bielorussia e questo determinerà che la BRI dovrà attribuire maggiore importanza ad altri corridoi come per esempio quello Asia centrale-occidentale cioè quel corridoio che coinvolge la regione del Caspio, l’Iran e la Turchia attraverso il quale la BRI può aggirare la Russia per raggiungere i mercati europei.

In questo senso l’accordo nucleare iraniano ma soprattutto l’accordo di collaborazione tra la Cina e l’Iran della durata di 25 anni non farà altro che rafforzare sempre di più questo corridoio fino a consentire che questo diventi centrale.D’altra parte il legame assai stretto della Cina con l’Iran dipende dal ruolo fondamentale sia del gas che del petrolio che potrebbero costituire un’alternativa a quello russo e che quindi potrebbero attribuire maggiore peso a livello geoeconomico all’Iran.Accanto al a centrale che acquisterà l’Iran anche il corridoio economico Cina-Pakistan che consente di collegamento con l’Oceano Indiano acquisterà di conseguenza maggiore peso: questo corridoio infatti è collegato all’Iran e alla Turchia tramite infrastrutture stradali e ferroviarie (pensiamo ad esempio all’infrastruttura ferroviaria Islamabad-Teheran-Istanbul).Questo potrebbe indurre la Cina a integrare sia questo corridoio con quello iraniano consolidando in questo modo i collegamenti con il Pakistan e l’Iran per poi raggiungere l’Europa via terra. In questa ottica la Turchia acquista una maggiore importanza, un maggior peso a livello di economico per la Cina.D’altronde non è un caso che sia la Turchia che la Cina abbiano potenziato le loro sinergie proprio in questi ultimi anni.

Ma un’altra conseguenza di queste nuove sinergie è certamente quella relativa alla centralità che acquisterà la Cina per la Russia nel settore delle transazioni economiche.Sia MasterCard che Visa a causa delle sanzioni hanno lasciato la Russia e la cinese Unionpay diventerà l’unica alternativa possibile per la Russia.Non è escluso allora che – a lungo termine – le potenzialità economiche e geografiche della Russia e dell’UEE vengano assorbite dall’economia cinese e dalla geografia della BRI.

Ma ritorniamo nuovamente alle sanzioni economiche e alle loro implicazioni.Nel 2014 quando la Russia viene sanzionata per l’invasione della Crimea non c’è stato un tale coordinamento e armonizzazione delle sanzioni tra i paesi europei, gli Stati Uniti, il Canada, il Giappone… Un altro aspetto da sottolineare è l’uso di nuovi strumenti che non erano presenti al 2014: l’elenco dei dignitari e degli oligarchi sanzionati è infatti diventato-e sta diventando-sempre più esteso e capillare.Inoltre alcune nazioni non solo hanno chiesto la possibilità di sequestrare parte della proprietà oltre che di congelare i loro beni.Una differenza marginale è questa? Per nulla.Infatti il sequestro delle proprietà determinerà la perdita di fatto delle proprietà . Un’altra novità rispetto al 2014 èv relativa al fatto che le banche russe non possono più accedere al sistema tradizionale Swift. Ma naturalmente vi sono altri aspetti da sottolineare: le sanzioni hanno infatti avuto un effetto evidente nel settore areonautico, in quello agricolo e in quello energetico.Ma questo dipende anche dal fatto che la politica economica attuata dalla Russia non ha preso in considerazione una strategia di diversificazione industriale. Ritornando al 2014 i tassi di crescita in Russia si sono certamente abbassati e dopo questa data si sono voluti quasi tre o quattro anni perché l’economia si riprendesse dalle conseguenze di queste sanzioni.E infatti ,a partire dal 2017 ,l’economia russa ha incominciato a riprendersi. Ma l’effetto che le attuali sanzioni avranno porteranno la Russia ad una recessione.Una previsione azzardata questa? Si può forse negare che il rublo sia in caduta libera? Si può negare che la Banca centrale russa stia cercando di fare di tutto per ostacolare questa emorragia?Si può forse negare che vi sia attualmente un incremento dei prezzi in Russia? E che dire del fatto che il mancato pagamento da parte di attori privati russi che non possiedono sufficiente valuta estera per pagare determinati fornitori non farà altro che aggravare la situazione?Stiamo forse neanche tanto velatamente alludendo a un vero e proprio default delle banche russe se non addirittura dello Stato russo? Non è uno scenario inverosimile. Un’altra delle conseguenze di questo sanzione è la diminuzione del potere d’acquisto da parte della popolazione russa e quindi un aumento della disoccupazione.Come riuscirà lo Stato russo a fare fronte a tutto ciò? Putin non ha forse sottovalutato il fatto che l’economia è globalizzata? Esiste allora la possibilità da parte della Russia di superare questi rischi? Una di queste possibilità è il ricorso all’alleato cinese sia per quanto riguarda le esportazioni di gas verso la Cina sia per quanto riguarda sistemi alternativi di pagamento.Tuttavia non dimentichiamoci che la Cina ha ottime partnership in ambito petrolifero anche con l’Iran-che ci sono recentemente rafforzate-oltre che con gli EAU .

Ma a parte la Cina quali potrebbero essere le ripercussioni economiche in Europa? Il fatto che sia impossibile accedere al sistema di pagamento Swift per alcune banche russe sta di fatto già penalizzando le piccole medie -imprese europee che fino adesso lo hanno utilizzato proprio per garantire le loro transazioni economiche con la Russia.

Non dimentichiamoci a questo proposito che soprattutto per quanto riguarda la Germania e l’Italia vi è un ampio tessuto di piccole e medie aziende che hanno rapporti anche trentennali con la Russia e ciò determinerà una perdita significativa del loro fatturato che potrà addirittura arrivare fino al 40%. Infatti il settore agricolo, agroalimentare e quello delle macchine utensili europeo particolarmente presenti in Russia sta già subendo dei contraccolpi molto duri.

Ma su lungo periodo potrebbe verificarsi per l’Europa -e non solo -una conseguenza assai più grave è cioè una crisi alimentare globale che se unita a uno shock energetico potrebbe comportare dei rischi molto elevati a livello globale.

Tuttavia per avere un quadro più completo sarà necessario innanzitutto valutare l’impatto delle sanzioni economiche sulla Russia su medio-lungo termine e in secondo luogo sarà necessario valutare l’impatto che avranno le contro sanzioni russe.Solo quando si avrà un quadro coerente di questi due aspetti sarà possibile fare una valutazione sufficientemente oggettiva traendo tutte le implicazioni necessarie a livello di economia globale.Per il momento si possono solo tracciare scenari sulla base dei dati che vengono di volta in volta fornite dai singoli governi e dalle banche centrali che tuttavia sono certamente dati molto allarmanti

Il ruolo della propaganda.Russia e Stati Uniti

Prosegue incessante e in modo continuo la guerra di propaganda fra Stati Uniti e Russia.Incominciamo dalla Russia.il 17 marzo il vicepresidente del consiglio di sicurezza della federazione russa e cioè Dmitry Medvedev, https://t.me/medvedev_telegram ha sottolineato che a causa della propaganda americana si sta diffondendo in Occidente un vero e proprio atteggiamento “ russofobo”; in secondo luogo ha ribadito come l’allargamento della Nato sia una delle cause principali della attuale situazione che non fa altro che acutizzarsi a causa sia della guerra economica che della Cyber Warfare che sia la Nato che gli Stati Uniti stanno proseguendo.Ma il viceministro non si è risparmiato nell’uso di espressioni apertamente sprezzanti verso la propaganda occidentale: ha infatti sostenuto che l’atteggiamento posto in essere sia stato disgustoso, criminale e basato sulla logica del doppio standard . Infine ha sottolineato che lo scopo reale della Nato e degli Stati Uniti sia sostanzialmente quello di fare collassare la Federazione russa.
Veniamo adesso al Presidente degli Stati Uniti.Oltre ad aver annunciato un’ulteriore pacchetto di 800 milioni di dollari in aiuti militari all’Ucraina, che si aggiungono a quelli già stanziati che si aggirano intorno ai 200 milioni di dollari, il presidente americano ha definito il presidente russo un vero e proprio criminale di guerra https://edition.cnn.com/2022/03/16/politics/biden-calls-putin-a-war-criminal/index.html.Una accusa questa che è molto ricorrente all’interno della propaganda di guerra e che è stata ampiamente usata nei confronti di Saddam Hussein come nei confronti di Gheddafi. Se è evidente che gli Stati Uniti fino a questo momento vogliono evitare un conflitto di proporzioni globali che potrebbe condurci verso una guerra nucleare è altrettanto vero tuttavia che non intendono direttamente entrare in trattativa con Putin come fece per esempio Kennedy nei confronti di Krusciov quando ci fu la crisi missilistica di Cuba.Un segnale questo che non dovrebbe essere sottovalutato e che potrebbe semplicemente significare la volontà da parte americana di fare collassare la Federazione Russa eliminando in questo modo un pericoloso concorrente.È inoltre interessante osservare come-seppure in linea generale-la strategia che fino adesso è stata posta in essere dagli Stati Uniti nei confronti di Taiwan in funzione di contenimento anticinese -non sia in fondo molto diversa da quella che gli Stati Uniti e la Nato hanno attuato nei confronti dell’Ucraina. Sarà Taiwan la prossima Ucraina?
Quanto alle accuse rivolte da Biden nei confronti di Putin sarebbe fin troppo facile contro argomentare ricordando per esempio come gli Stati Uniti non facciano parte della Corte penale internazionale poiché temono-e a ragione-che i propri militari sarebbero condannati per crimini contro l’umanità; per quanto poi concerne la strategia di destabilizzazione attuata dagli Stati Uniti in Medioriente o nei Balcani questa si commenta da sé. Riguardo poi alla profondità delle riflessioni strategiche americane-come quelle che furono attuare in Vietnam e più recentemente in Afganistan-basterebbe soltanto andarsi a rileggere le analisi lucide e profondamente ironiche di Noam Chomsky presenti nel saggio I nuovi mandarini.(A proposito: vorremmo sommessamente ricordare ai numerosi commentatori nostrani che gli Stati Uniti usarono il Napalm durante la guerra del Vietnam…).
Due considerazioni infine: si è parlato-anche su riviste blasonate e specializzate in strategia militare e in politica estera-del fatto che il presidente russo avrebbe avuto intenzione di attuare una Blitzkrieg in Ucraina.Ma questa è una convinzione del tutto personale formulata da numerosi strateghi e analisti non suffragata tuttavia da una documentazione oggettivamente dimostrabile ma solo da considerazioni desunte da indizi. In secondo luogo dare per spacciata la strategia militare di Putin è un azzardo a livello di scenario strategico molto rischioso soprattutto da parte di coloro che avevano escluso la possibilità che il presidente russo intendesse veramente invadere l’Ucraina. Una maggiore prudenza e cautela da un lato e un maggior senso dell’autoironia dall’altro lato da parte dei vari Clausewitz nostrani -e non -forse non guasterebbe.